Distanza minima di dieci metri tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti

Negli edifici ricadenti in zone territoriali diverse dalla zona A, l’art. 9 co. 2 del D.M. 2.4.1968 n. 1444 [1] prescrive al fine di impedire la formazione di intercapedini nocive sotto il profilo igienico-sanitario, una distanza minima di dieci metri tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti.

Come costantemente rilevato dalla giurisprudenza, tale disposizione (la cui vigenza persiste nonostante l’entrata in vigore del d.p.r. n. 380/01, c.d. Testo Unico Edilizia; v. T.A.R. Molise, I, 8.7.2009 n. 599; T.A.R. Liguria, Genova, 19.12.2006 n. 1711) ha carattere di assolutezza e di inderogabilità con la conseguenza che anche gli strumenti urbanistici locali devono osservare tale prescrizione (fra le tante, Cons. Stato, IV, 18.6.2009 n. 4015; id., 12.6.2007 n. 3094/07; T.A.R. Molise n. 599/09; T.A.R. Piemonte, I, 10.10. 2008 n. 2565; T.A.R. Lombardia-Brescia, I, 3.7.2008 n. 788; id. 30.8.2007 n. 832).

Le norme contenute nel D.M. 1444/68, infatti, emanate in forza dell’ art. 17 l. n. 765/67, traggono dalla stessa la forza di integrare con efficacia precettiva il regime delle distanze nelle costruzioni, sicché tale distanza vincola anche i Comuni in sede di formazione e di revisione degli strumenti urbanistici, con la conseguenza che ogni previsione regolamentare in contrasto con l’anzidetto limite minimo è illegittima e va annullata ove oggetto di impugnazione o, secondo l’indirizzo prevalente, comunque disapplicata, stante la sua automatica sostituzione con la clausola legale dettata dalla fonte sovraordinata (v. Cons. Stato n. 3094/07 cit.).

Altra diretta conseguenza del carattere tassativo della norma in esame è la sua inderogabilità “per via di private pattuizioni”, posto che l’interesse tutelato è di natura pubblicistica – come detto, garantire la salubrità dell’edificio, evitando intercapedini malsane – e, dunque, non è nella disponibilità delle parti (; v. Cons. Stato n. 3094/07 cit.).

Passando ad un esame più dettagliato del precetto normativo, si osserva quanto segue.

In merito al termine “edifici” utilizzato dalla disposizione in esame (si veda nota 1, pag. 2), Cons. Stato n. 4015/09 cit. ha precisato che «esso va ragionevolmente inteso come “edificato” indipendentemente dalla destinazione dello stesso».

La giurisprudenza ha inoltre chiarito che tale distanza va comunque rispettata anche:

  • se una sola delle due pareti frontistanti sia finestrata (v. Stato n. 3094/07 cit.) restando irrilevante, sotto tale profilo, se tale parete sia quella del nuovo edificio o dell’edificio preesistente (v. T.A.R. Emilia Romagna – Bologna, II, 30.3.2006 n. 348);
  • in caso di mera sopraelevazione (fra le tante, di recente, v. T.A.R. Molise n. 599/09 cit.), la circostanza che un edificio preesista e venga sopraelevato non dà infatti diritto a mantenere l’allineamento acquisito, fatto salvo il caso in cui “l’allineamento medesimo corrisponda ad un interesse pubblico autonomo e attinente all’assetto urbanistico complessivo di una zona urbanistica” (v. T.A.R. Lombardia-Brescia n. 788/08 cit.);
  • se la nuova costruzione debba essere mantenuta ad una quota inferiore alla soglia delle finestre antistanti (id.);
  • se fra i due fabbricati interessati esista un muro di confine (; id., V, 29.11.2004 n. 7746), sul punto Cons. Stato n. 7746/04 cit. ha però precisato che “una costruzione può essere realizzata sul confine del vicino limitatamente all’altezza del preesistente muro di fabbrica, mentre una volta superata tale altezza debbono essere rispettate le distanze previste dalle costruzioni dalla disciplina urbanistica”.
  • nel caso in cui solo una porzione del nuovo edificio fronteggi la parete finestrata (v. Cons. Stato n. 7746/04 cit.; sul punto, si segnala T.A.R. Lazio, II Bis, 3.6.2004 n. 10705 che ha ritenuto applicabile la distanza in esame in fattispecie relativa ad un ampliamento che fronteggiava l’edificio dei vicini per soli m. 3,6);
  • qualora, previa demolizione di fabbricato preesistente, venga ricostruito al suo posto un edificio completamente diverso (v. T.A.R. Lombardia-Milano, 1.10.2007 n. 5831[2]);
  • con riferimento ad un precedente fabbricato realizzato in tutto o in parte abusivamente ( Corte Cost., 18.4.1996 n. 120; nello stesso senso, Cons. Giust. Amm.va Sicilia, 12.11.2008 n. 930; v. T.A.R. Emilia Romagna – Bologna n. 348/06 cit.); sul punto, si segnala però un orientamento minoritario di segno contrario (v. T.A.R. Siclia – Catania, 30.1.2007 n. 178) .

La distanza in esame va calcolata utilizzando la modalità della proiezione verticale e ortogonale (v. Cons. Stato, V, 18.1.2006 n. 117).

A tal fine, occorre prendere in considerazione:

– tutte le pareti finestrate e non solo quella principale (v. Cons. Stato, IV, 5.12.2005 n. 6909);

ogni punto dei fabbricati e non soltanto le pareti che si fronteggino (v. Cons. Stato, n. 6909/05 cit.), indipendentemente dal fatto che siano o meno in posizione parallela (id.; T.A.R. Lombardia-Brescia, n. 788/08 cit.);

– ove si tratti di pareti che non si estendano linearmente in altezza, le sporgenze di particolari dimensioni, destinate ad ampliare la superficie dei vani cui accedono (v. Cons. Stato, n. 6909/05 cit.).

Non va, invece, considerata l’altezza della parete ovvero il fatto “che la parete sia quella del nuovo edificio o dell’edificio preesistente” (v. T.A.R. Molise n. 599/09 cit., nello stesso senso, fra le altre, v. T.A.R. Emilia Romagna – Bologna n. 348/06 cit.).

Infine la distanza in esame “non è eludibile in funzione della natura dell’intercapedine” (v. Cons. Stato, IV, 5.12.2005 n. 6909).

La possibilità di derogare alla disposizione in esame è consentita solo ove la stessa sia prevista in strumenti di pianificazione secondaria, quali piani particolareggiati, piani di recupero o piani di lottizzazione aventi la funzione di determinare l’ordinato assetto di un determinato ambito territoriale (v. art. 9 co. 3 DM n. 1444 cit.[3]; sul punto, fra le altre, v. TAR Lombardia-Brescia, 30.8.2007 n. 832).

(Ottobre 2010)

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[1] Per “Nuovi edifici ricadenti in altre zone (ndr diverse dalla A): è prescritta in tutti i casi la distanza minima assoluta di m. 10 tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti”.

[2] La sentenza citata ha precisato che la norma è, al contrario, derogabile nelle ipotesi di demolizione e ricostruzione cd. fedele, trattandosi in tal caso di recupero edilizio e non di nuova costruzione.

[3]Sono ammesse distanze inferiori a quelle indicate nei precedenti commi, nel caso di gruppi di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche”.

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