L’attuazione del cd. Piano casa laziale da parte del Comune di Roma

In conformità a quanto previsto dall’art. 2 co. 3 l. reg. Lazio n. 21 dell’11.8.2009 (recante “Misure straordinarie per il settore edilizio ed interventi per l’edilizia residenziale sociale”, cd. Piano casa per il Lazio)[1], il Comune di Roma – con delibera C.C. n. 123 del 21.12.2009 – ha attuato nel suo territorio il menzionato piano anche se con ritardo rispetto ai termini fissati a livello regionale.[2]

Prima di passare ad una valutazione più analitica delle determinazioni comunali si segnala che, ancora una volta, il piano casa laziale potrebbe essere modificato.

A seguito dell’insediamento della nuova Giunta, infatti, sono attualmente allo studio dei Tecnici regionali una serie di modifiche volte ad incentivare il ricorso agli interventi ivi previsti, superando quelli che erano stati considerati i limiti più evidente del testo vigente (appesantimenti dovuti alla normativa antisismica, limiti di applicabilità nelle zone agricole, disciplina delle opere di urbanizzazione secondaria, etc. .. [3]).

Tornando al tema in esame, fra le determinazioni capitoline anzitutto va segnalata la decisione dell’Amministrazione di “non avvalersi della facoltà concessa dall’art. 2 della Legge Regionale Lazio 11 agosto 2009 n. 21 e quindi di non estendere ad altri ambiti dello strumento urbanistico del territorio del Comune di Roma le ipotesi di eccezione ivi previste, confermando le ipotesi di limitazione e di esclusione come individuate dalla L.R. Lazio n. 21/2009 relativamente agli interventi previsti dall’art. 2 della stessa” (v. delibera C.C. n. 123/09 cit.).

Il Comune di Roma, pertanto ha confermato l’inapplicabilità degli interventi previsti dal piano casa agli edifici abusivi (v. art. 2 co. 1 l. reg. n. 21 cit.) nonché agli immobili situati in:

  • aree assoggettate al vincolo paesaggistico ai sensi della seconda parte del d.lgs. n. 42/04, c.d. Codice Urbani (id.);
  • zone A di piano regolatore[4] (in assenza di tale previsione, a tali zone sono equiparati i tessuti storici tutelati dagli strumenti urbanistici o individuati nei piani paesaggistici; v. art. 2 co. 1 lett. “a”);
  • zone E di piano regolatore, ossia le zone agricole, limitatamente ai casali e complessi rurali realizzati anteriormente al 1930 e registrati in appositi censimenti da parte dei Comuni, anche se non vincolati (id., lett. “b”);
  • aree sottoposte a vincolo di inedificabilità assoluta (id., lett. “c”);
  • aree naturali protette (id., lett. “d”);
  • aree ricomprese nelle fasce di rispetto dei territori costieri e contermini ai laghi[5] nonché nelle fasce di rispetto delle acque interne (id., lett. “e”);
  • zone di rischio individuate nei piani di bacino (id., lett. “f”);
  • aree con destinazioni urbanistiche relative ad aspetti strategici ovvero al sistema della mobilità, delle infrastrutture e dei servizi pubblici generali (id., lett. “g”);
  • aree ricomprese nelle fasce di rispetto delle strade statali, ferroviarie e autostradali (id., lett. “g”).

La scelta comunale di non modificare i limiti regionali è stata supportata dalla considerazione che gli stessi, “in quanto corrispondenti a parte significativa del territorio cittadino, appaiono già di estensione tale da essere sufficientemente cautelative della tutela del territorio” comunale[6].

Sul punto, l’Assessore comunale all’Urbanistica, Marco Corsini, in una intervista rilasciata prima dell’approvazione della delibera in esame aveva motivato tale scelta precisando che “ampliare avrebbe significato vanificare la portata incentivante e restringere avrebbe potuto compromettere i tessuti sensibili del territorio[7].

In particolare, fra le varie limitazioni confermate, si segnala l’inapplicabilità degli interventi in esame all’interno delle zone omogenee “A” di piano regolatore che, in base al vigente P.R.G. comunale (approvato con Delibera C.C. Roma n. 18/08), coincidono con quelle rientranti nella componente denominata “Città Storica”.

Si tratta di una zona piuttosto estesa il cui ambito non è più circoscritto entro il confine della città antica, ossia le Mura Aureliane, ma ingloba anche “le parti urbane dell’espansione otto-novecentesca consolidata, interne ed esterne alle mura” ed addirittura “i singoli siti e manufatti localizzati nell’intero territorio comunale che presentano una identità storico-culturale definita da particolari qualità, riconoscibili e riconosciute dal punto di vista dei caratteri morfogenetici e strutturanti dell’impianto urbano e di quelli tipo-morfologici, architettonici e d’uso dei singoli tessuti, edifici e spazi aperti, anche in riferimento al senso e al significato da essi assunti nella memoria delle comunità insediate” (v. art. 24 co. 1 N.T.A. del vigente P.R.G.).

A titolo esemplificativo, si citano i quartieri Flaminio, Prati, Trastevere, P.zza Bologna, Nomentano, etc …

La maggior estensione della citata componete di P.R.G. denominata “Città storica” rispetto alla zona omogenea “A” (come definita dal D.M. n. 1444/68) rende, però, possibile l’applicazione delle misure previste dal piano casa regionale in alcuni ambiti limitati del territorio così qualificato (a titolo esemplificativo, alcune parti dello storico quartiere di San Lorenzo, a ridosso dello Scalo ferroviario  e del cimitero Verano)[8].

Le aree all’interno delle quali è invece possibile applicare le disposizioni in esame sono comprese nella cd. seconda cinta muraria (che, a titolo esemplificativo, interessa la zona di Via Prenestina superata Porta Maggiore in uscita da Roma, quella di Via Appia, sempre in uscita, 800 m. dopo P.zza Re di Roma, etc. …)[9].

Per quel che concerne, invece, la facoltà concessa dalla Regione ai Comuni di ridurre gli importi dovuti per oneri di urbanizzazione primaria e secondaria nonché a titolo di costo di costruzione nelle ipotesi ivi indicate (v. artt. 3 e 4 l. reg. n. 21 cit.), il Comune ha deliberato di consentire la riduzione del:

– “30% degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria e del costo di costruzione solo nell’ipotesi di cui all’art. 4 della Legge Regionale 11 agosto 2009 n. 21, relativa agli interventi di sostituzione edilizia con demolizione e ricostruzione di edifici concernenti la prima casa” (v. co. 8 l. reg. n. 21 cit.);

15% degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria e del costo di costruzione nell’ipotesi di cui all’art. 3 della Legge Regionale 11 agosto 2009 n.21, relativa agli interventi di ampliamento degli edifici concernenti la prima casa” (v. co. 9).

Nella prima ipotesi la riduzione è stata concessa nella misura massima prevista dalla legge (30%), nella seconda, invece, è stata ridotta al 15% (rispetto al 30% previsto dalla legge regionale) nonostante la proposta di delibera richiedesse in entrambi i casi l’applicazione della misura massima al fine di garantire il raggiungimento del fine perseguito (“finalità incentivante, sia sotto il profilo urbanistico ed edilizio che sotto il profilo del sostegno dell’economia cittadina[10]).

L’applicazione delle predette riduzioni è stata voluta dal Comune per favorire il raggiungimento dell’obiettivo primario di “incentivare il più possibile, attraverso il recupero del patrimonio edilizio, la riqualificazione del tessuto urbano esistente e la promozione della qualità edilizia ed architettonica” anche tenuto conto dell’ulteriore fine perseguito che è quello di dare una risposta “alle esigenze abitative” soprattutto se finalizzate alla realizzazione di interventi relativi alla prima casa[11].

Il Comune non ha ritenuto, invece, necessario consentire la riduzione (possibile fino al 30% ai sensi dell’art. 6 del Piano casa) del costo di costruzione relativo agli interventi di ampliamento avendo ritenuto che la possibilità di realizzare tali interventi in deroga agli strumenti urbanistici ed edilizi vigenti costituisca “misura incentivante di per sé sufficiente a rispondere alle finalità perseguite dalla legge, senza rendere necessaria un’ulteriore facilitazione[12].

Il Comune di Roma, infine, ha riservato ad un successivo provvedimento l’individuazione degli ambiti territoriali nei quali realizzare:

– i programmi integrati finalizzati al ripristino ambientale e all’incremento della dotazione di standard urbanistici previsti dall’art. 7 del Piano casa “allo scopo di riqualificare e recuperare i territori caratterizzati dalla presenza di elevate valenze naturalistiche, ambientali e culturali” (da adottare, ai sensi della l. reg. Lazio n. 22/97, “sulla base di iniziative pubbliche o private, anche su proposta di consorzi, imprese e cooperative con documentata capacità tecnico-organizzativa ed economica adeguata all’importo dei lavori oggetto della proposta medesima, .., mediante la demolizione di porzioni di tessuti edilizi o di singoli edifici legittimamente realizzati in aree sottoposte a vincoli ambientali, paesaggistici e in aree naturali protette”);

–  i programmi integrati finalizzati all’incremento degli standard urbanistici e al riordino del tessuto urbano previsti dall’art. 8 del Piano casa “per riqualificare gli ambiti urbani e le periferie con presenza di funzioni eterogenee e tessuti edilizi disorganici o incompiuti nonché di edifici isolati a destinazione industriale dismessi, parzialmente utilizzati o degradati” (da adottare ai sensi della l. reg. Lazio n. 22/97 “sulla base di iniziative pubbliche o private”).

(“il Corriere de iure publico” n. 7/8 – luglio, agosto 2010)

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[1]I comuni, entro e non oltre novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, possono individuare, con deliberazione del consiglio comunale, ambiti del proprio strumento urbanistico nei quali, in ragione di particolari qualità di carattere urbanistico ed architettonico, limitare o escludere gli interventi previsti nel presente articolo.

[2] In base alla disposizione suindicata: 4.12.2009.

[3] Per un approfondimento sul punto, si veda “Il Corriere De Iure Pubblico” n. 5/2010, pagg. 26 e 27;

[4] Comprendenti, in base al D.M. 1444/68, i centri storici e le aree circostanti con caratteristiche analoghe.

[5] Rispettivamente previste dagli artt. 5 co. 1 e 6 co. 1 l. reg. Lazio n. 24/98 (recante disposizioni in materia di “Pianificazione paesistica e tutela dei beni e delle aree sottoposte a vincoli paesistico”).

[6] Si veda il testo della proposta n. 202 – Dec. G.C. del 9.12.2009 n. 115 approvata con la citata delibera comunale n. 123/09.

[7] Stralcio tratto da: “Piano casa Lazio – agg. rassegna stampa” nel sito dell’Ordine degli Architetti Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori di Roma e Provincia, www.architettiroma.it;

[8] v. nota n. 7.

[9] v. nota n. 7.

[10] v. nota 6.

[11] v. nota 6.

[12] v. nota 5.

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