1. Ai sensi dell’art. 31 co. 3 D.p.r. n. 380/2001, cd. T.U. Edilizio, per i soli casi di opera eseguita in assenza di permesso di costruire, ovvero in variazione essenziale o totale difformità dallo stesso, “Se il responsabile dell’abuso non provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi nel termine di novanta giorni dall’ingiunzione, il bene e l’area di sedime, nonché quella necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del comune. L’area acquisita non può comunque essere superiore a dieci volte la complessiva superficie utile abusivamente costruita”.
Il successivo co. 4 precisa che “L’accertamento dell’inottemperanza alla ingiunzione a demolire, nel termine di cui al precedente comma 3, previa notifica all’interessato, costituisce titolo per l’immissione nel possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari, che deve essere eseguita gratuitamente.”
Una recente pronuncia del Consiglio di Stato (II, 25.1.2024 n. 806) ha precisato in proposito quanto segue.
Anzitutto, decorso il termine di 90 gg. assegnato dal Comune per la demolizione dell’opera abusiva, il proprietario non può più:
– richiedere l’accertamento di conformità previsto dall’art. 36 T.U. Ed. (cd. sanatoria di regime);
– procedere al ripristino dello stato dei luoghi, avendo ormai perso il relativo potere.
Decorso il predetto termine di 90 gg., pertanto, l’area è acquisita di diritto al patrimonio comunale.
Detta acquisizione è un effetto automatico della mancata demolizione e si verifica, pertanto ope legis, come chiarito dalla costante giurisprudenza in proposito (fra le tante, di recente, v. Cons. Stato, A.P., 11.10.2023 n. 16; id., VI, 4.12.2023 n. 10495).
La sentenza in commento, però, pur riconoscendo quanto sopra, prende in considerazione un dato di fatto: nella prassi “accade sovente che i provvedimenti ripristinatori rimangano lettera morta per incapacità, semplice inerzia, ovvero scelta consapevole dell’amministrazione procedente.”
Tale essendo l’ambito entro cui si inquadra l’applicazione della disposizione in esame, ove la stessa venisse interpretata in modo meccanicistico – ad avviso della pronuncia in esame – si correrebbe il rischio di avere tante situazioni in cui “lo stato di diritto non corrisponde allo stato di fatto a discapito delle più elementari esigenze di certezza delle situazioni giuridiche”.
Per questo motivo, il Collegio ha ritenuto di dover considerare l’acquisizione al patrimonio comunale (“seppure immediata”) comunque sottoposta “ad una sorta di ineludibile condizione sospensiva, da ravvisare nel formale accertamento dell’inottemperanza, notificato all’interessato” ai sensi dell’art. 31 co. 4 cit..
In questo arco temporale, pertanto, ad avviso del Giudice si creerebbe una “parentesi accertativa/informativa” che consentirebbe, da un lato, al Comune di “verificare l’elemento materiale dell’illecito”; dall’altro, all’autore dell’illecito di difendersi (“potendo trattarsi di nudo proprietario, estraneo e finanche inconsapevole della prima fase del procedimento”)
La previsione del predetto effetto sospensivo, in altri termini, risponderebbe all’esigenza di garantire la difesa dell’interessato, al contempo garantendo un risparmio per l’Amministrazione poiché “l’avvenuta demolizione spontanea, seppur tardiva, soddisfa pienamente ed a costo zero le esigenze di buon governo del territorio”.
Ritiene infatti il Collegio “che l’operatività “di diritto” dell’effetto acquisitivo allo scadere dei 90 giorni dall’ingiunzione demolitoria vada intesa esclusivamente a favore del Comune, ponendo il proprietario in una situazione di mera soggezione rispetto alle scelte del primo, che non gli consente più di demolire spontaneamente, salvo il primo non glielo consenta, espressamente o tacitamente, non addivenendo alla formazione del titolo sempre necessario per dare luogo ad un cambio di proprietà”.
2. La decisione surriportata lascia perplessi sotto diversi profili.
In primo luogo, il testo della norma in esame è piuttosto chiaro nel delineare l’immediatezza dell’effetto acquisitivo dovuto all’inottemperanza all’ordine di demolizione (“sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del comune”; v. art. 31. Co. 3 cit.) e la giurisprudenza è parimenti consolidata sul punto (v. AP n. 16/2023 cit.). Ne consegue che l’aver sottoposto l’acquisizione al patrimonio comunale “ad una sorta di ineludibile condizione sospensiva, da ravvisare nel formale accertamento dell’inottemperanza, notificato all’interessato” costituisce un’interpretazione della disposizione che prevalica ampiamente la sua portata e produce effetti dalla stessa non previsti in evidente contrasto con la funzione attribuita al Giudice amministrativo di secondo grado.
In secondo luogo, detta interpretazione è chiaramente contraddittoria con quanto dal Collegio stesso riconosciuto in merito al carattere immediato dell’acquisizioneche, peraltro, in tal modo viene completamente annullato (salvo l’Amministrazione “non glielo consenta, espressamente o tacitamente, non addivenendo alla formazione del titolo sempre necessario per dare luogo ad un cambio di proprietà”). In questa prospettiva, pertanto, basterebbe al Comune non procedere all’accertamento dell’inottemperanza all’ordine di demolizione per sospendere sine die l’effetto acquisitivo in evidente contrasto con quanto previsto dalla legge. Non si comprende peraltro come questa interpretazione, che in ogni caso rischia di avallare ulteriormente l’inerzia comunale nel concludere i procedimenti di accertamento degli abusi edilizi, possa favorire una maggiore certezza delle situazioni giuridiche.
In terzo luogo, tale interpretazione rischia di pregiudicare i terzi estranei alla realizzazione dell’abuso che, comunque, ne siano danneggiati (anche perché semplicemente proprietari della relativa area di sedime, come spesso accade) poiché li priva dell’efficace strumento di tutela costituito dall’effetto automatico dell’acquisizione prevista dalla legge.
È auspicabile, pertanto, che la presente resti una pronuncia isolata nel panorama interpretativo della disposizione in esame.
Roma, 29.3.2024 Avv. Maria Bitondo
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