Lottizzazione abusiva

Con la sentenza n. 3375 del 18.3.2020, il T.A.R. Lazio, nell’affrontare un’ipotesi di contestata lottizzazione abusiva, ribadisce che per verificare la legittimità di una trasformazione urbanistica realizzata da privati occorre considerare la trasformazione nel suo complesso e non limitarsi a valutare le singole opere dalle quali la stessa sia costituita con la conseguenza che potrebbe risultare del tutto irrilevante ai fini in esame l’eventuale sussistenza di titoli edilizi legittimanti le opere stesse.

Per chiarirne la portata è utile riassumere brevemente quanto segue.

“Ai sensi dell’art. 30 D.p.r. n. 380/2001, cd. T.U. Ed.Si ha lottizzazione abusiva di terreni a scopo edificatorio quando vengono iniziate opere che comportino trasformazione urbanistica od edilizia dei terreni stessi in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, vigenti o adottati, o comunque stabilite dalle leggi statali o regionali o senza la prescritta autorizzazione; nonché quando tale trasformazione venga predisposta attraverso il frazionamento e la vendita, o atti equivalenti, del terreno in lotti che, per le loro caratteristiche quali la dimensione in relazione alla natura del terreno e alla sua destinazione secondo gli strumenti urbanistici, il numero, l’ubicazione o la eventuale previsione di opere di urbanizzazione ed in rapporto ad elementi riferiti agli acquirenti, denuncino in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio”.

La ratio della disposizione va ravvisata nell’esigenza di salvaguardare la potestà programmatoria attribuita all’Amministrazione nonché la connessa funzione di controllo, posta a garanzia dell’ordinata pianificazione urbanistica, del corretto uso del territorio e della sostenibilità dell’espansione abitativa in rapporto agli standard apprestabili (fra le tante, Cons. Stato, VI, 4.11.2019 n. 7530; id. II, 20.5.2019 n. 3215; id., VI, 6.6.2018 n. 3416).

Come chiarito dal costante orientamento della giurisprudenza in materia, la norma individua due diverse ipotesi di lottizazione:

– la prima, cd. lottizzazione materiale, viene ravvisata nell’avvio “non autorizzato di opere finalizzate alla trasformazione urbanistica di terreni in zona non adeguatamente urbanizzata in violazione della disciplina a quest’ultima impartita dalla legislazione e dagli strumenti pianificatori; siffatti interventi devono risultare globalmente apprezzabili in termini di trasformazione urbanistico-edilizia del territorio, di aggravio del relativo carico insediativo e, soprattutto, di pregiudizio per la potestà programmatoria attribuita all’amministrazione” (v. Cons. Stato, n. 7530/2019 cit.);

– la seconda, cd. lottizzazione cartolare, ricorre invece quanto “tale trasformazione viene predisposta attraverso il frazionamento e la vendita, o atti equivalenti, del terreno in lotti che, per le loro caratteristiche quali la dimensione in relazione alla natura del terreno e alla sua destinazione secondo gli strumenti urbanistici, il numero, l’ubicazione o la eventuale previsione di opere di urbanizzazione ed in rapporto ad elementi riferiti agli acquirenti, denuncino in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio. Ai fini dell’accertamento della sussistenza di una lottizzazione abusiva cartolare non è peraltro sufficiente il mero riscontro del frazionamento del terreno collegato a plurime vendite, ma è richiesta anche l’acquisizione di un sufficiente quadro indiziario dal quale sia oggettivamente possibile desumere, in maniera non equivoca, la destinazione a scopo di edificazione perseguito mediante gli atti posti in essere dalle parti” (id.).

Alle menzionate ipotesi, come rilevato anche dalla pronuncia in esame, se ne affianca una terza, cd. lottizzazione abusiva mista, ravvisabile nei casi in cui si verifichi “un intreccio di atti materiali e giuridici comunque finalizzati a realizzare una trasformazione urbanistica e/o edilizia di terreni non autorizzata oppure in violazione della pianificazione vigente” (v. TAR Lazio, II Q, 18.3.2020 n. 3375).

La lottizzazione abusiva sussiste, pertanto, in tutti i casi in cui si realizza “un’abusiva interferenza con la programmazione del territorio e, conseguentemente la verifica dell’attività edilizia realizzata nel suo complesso può condurre a riscontrare un illegittimo mutamento della destinazione all’uso del territorio autoritativamente impressa anche nei casi in cui le variazioni apportate incidano esclusivamente sulla destinazione d’uso dei manufatti realizzati; ciò in quanto la formulazione dell’art. 30 D.P.R. n. 380/01 impone di affermare che integra un’ipotesi di lottizzazione abusiva qualsiasi tipo di costruzione di opere in concreto idonee a stravolgere l’assetto del territorio preesistente, a realizzare un nuovo insediamento abitativo e, quindi, in ultima analisi, a determinare sia un concreto ostacolo alla futura attività di programmazione (che viene posta di fronte al fatto compiuto), sia un carico urbanistico che necessita adeguamento degli standard” (v. Cons. Stato n. 3416/2018 cit.).

L’analisi condotta dal T.A.R. Lazio, nella sentenza in esame, fa applicazione dei menzionati principi.

La fattispecie considerata consiste, infatti, in un’ipotesi di frazionamento di un originario lotto unico – ricadente in zona agricola secondo il vigente piano regolatore comunale – in tre diversi lotti su ognuno dei quali erano stati realizzati diversi edifici (nella specie, tre quadrifamigliari e tre bifamiliari per un totale di 18 unità abitative). Opere di urbanizzazione comuni ed infrastrutture varie, a servizio dei predetti fabbricati, erano in corso di realizzazione sull’area oggetto di intervento al momento in cui è stato disposto il sopralluogo comunale.

Ad avviso del ricorrente, i diversi fabbricati erano stati realizzati in base a legittimi titoli edilizi (relativi ad edifici residenziali e relativi annessi agricoli), mentre successivamente erano state presentate domande di condono edilizio concernenti prevalentemente l’avvenuto cambio di destinazione d’uso a residenziale di alcuni locali.

Alla luce di tale ricostruzione, lo stesso contestava quindi la qualificazione in termini di lottizzazione abusiva della fattispecie.

Il T.A.R. adito, al contrario, richiamata in particolare la menzionata pronuncia del Consiglio di Stato n. 3416/2018, condivide la tesi dell’Amministrazione e conferma la sussistenza di un’ipotesi di lottizzazione abusiva.

In particolare, il Collegio, ribadita la necessità di valutare la trasformazione urbanistico- edilizia realizzata dal privato alla luce della specifica funzione di tutela perseguita dall’art. 30 T.U. Ed. (come detto, salvaguardare la potestà programmatoria dell’Amministrazione), ha respinto il vizio di motivazione dedotto dal ricorrente poiché, a suo avviso, l’Amministrazione ha invece fornito elementi autonomamente idonei a dimostrare “lo specifico assetto dell’area perseguito”, globalmente incompatibile con la destinazione agricola dei suoli e chiaramente finalizzato ad attuare “un più vasto disegno edificatorio”.

Alla luce di quanto sopra, parimenti infondato per il T.A.R. è l’ulteriore motivo volto a lamentare la mancata conclusione dei procedimenti di condono edilizio prima di contestare la lottizzazione abusiva proprio perché le domande di permesso di sanatoria presentate dall’interessato, al contrario, “costituiscono uno degli strumenti utilizzati, in concreto, per realizzare l’illecita trasformazione perseguita dalla fattispecie di lottizzazione abusiva”.

Share