Il rispetto delle distanze nelle demolizioni e ricostruzioni

Ai sensi dell’art. 3 co. 1 lett. “d”, T.U. Ed. (come da ultimo modificato dall’art. 30 d.l. n. 69/2013) “Nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica nonché quelli volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza. Rimane fermo che, con riferimento agli immobili sottoposti a vincoli ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove sia rispettata la medesima sagoma dell’edificio preesistente”.

Il testo attualmente vigente della predetta norma è il frutto di modifiche che si sono succedute nel tempo a partire dal testo originario (2001) che qualificava in termini di ristrutturazione (e non nuova costruzione) la demolizione di un manufatto solo in presenza di successiva fedele ricostruzione ossia ove fosse stata garantita identità di sagoma, volume, area di sedime e caratteristiche dei materiali.

Già nel 2002, la norma è stata modificata per cui, ai fini in esame, è rimasta la necessità di rispettare solo volume e sagoma.

Oggi, come detto, è richiesta solo l’identità di volume, fatta eccezione per gli interventi da realizzare in area assoggettata ai vincoli previsti dal D.lgs. n. 42/2004 posti a tutela dei beni culturali e paesaggistici.

Sotto il profilo della disciplina applicabile, la giurisprudenza ha avuto modo di rilevare che, nell’ipotesi di ristrutturazione edilizia, trattandosi di interventi su edifici preesistenti, “non occorre che vi sia la perfetta conformità con il piano regolatore generale e ciò in ragione del fatto che la successione nel tempo degli strumenti urbanistici non può interferire sulla legittimità delle opere eseguite in precedenza e con il diritto del proprietario di eseguire quelle opere funzionali al mantenimento e alla conservazione dell’edificio stesso, nonché a renderlo compatibile con le esigenze eventualmente sopravvenute” (v. Cons. Stato, IV, 19.6.2012 n. 3570).

Ai fini della conformità urbanistica dell’intervento, la disciplina di riferimento è pertanto quella vigente all’epoca della realizzazione del manufatto come attestata dal titolo edilizio e non quella sopravvenuta al momento della esecuzione dei lavori di ristrutturazione dovendosi fare salvo, in capo all’interessato, il diritto acquisito al mantenimento, conservazione e ristrutturazione dell’immobile esistente con la conseguenza che la legittimazione urbanistica del manufatto da demolire si trasferisce su quello ricostruito (v. T.A.R. PugliaLecce, I, 8.2.2018 n. 180; nello steso senso, Cons. Stato, IV, 24.3.2010 n. 1731; T.A.R. Lazio, II bis, 17.9.2014 n. 9773).

A tal fine è però richiesta “l’osservanza di tutti i parametri urbanistici ed edilizi preesistenti, da intendere come volumetria, sagoma, area di sedime ma anche numero delle unità immobiliari” (v. T.A.R. Lazio, II bis, 17.9.2014 n. 9773).

Con specifico riferimento alle norme in materia di distanze, Cons. Stato, IV, 12.10.2017 n. 4728 ha precisato che “nel caso in cui il manufatto che costituisce il risultato di una ristrutturazione edilizia venga comunque ricostruito con coincidenza di area di sedime e di sagoma, esso – proprio perché “coincidente” per tali profili con il manufatto preesistente – potrà sottrarsi al rispetto delle norme sulle distanze innanzi citate, in quanto sostitutivo di un precedente manufatto che già non rispettava dette distanze (e magari preesisteva anche alla stessa loro previsione normativa)”.

La disposizione dell’art. 9 co. 1, n. 2 D.M. n. 1444/1968 che prevede una distanza di 10 m. fra pareti finestrate riguarda, infatti, “nuovi edifici“, intendendosi per tali gli edifici (o parti e/o sopraelevazioni di essi) “costruiti per la prima volta” e non già edifici preesistenti, per i quali, in sede di ricostruzione, non avrebbe senso prescrivere distanze diverse (v. Cons. Stato, IV, 14.9.201 n. 4337). L’assunto è stato confermato, fra le altre, da Consiglio di Stato, VI, 23.4.2018 n. 2448.

Anche la Corte di Cassazione ha precisato in proposito che la ristrutturazione edilizia mediante ricostruzione di un edificio preesistente, venuto meno per evento naturale o per volontaria demolizione, che si attui attraverso interventi che comportino modificazioni esclusivamente interne, senza aumenti di superficie o di volume non è assoggettato alla disciplina in tema di distanze (vigente al momento della realizzazione dell’opera), diversamente da quanto avviene invece per le nuove costruzioni o le demolizioni e ricostruzione che non rispettino i parametri suindicati, “dovendosi escludere che i regolarmente locali possano incidere, anche solo indirettamente con la previsione di soglie massime di incremento edilizio, sulle nozioni normative di “ristrutturazione” e di “nuova costruzione” e sui rimedi esperibili nei rapporti tra privati” (v. Cass., II, 9.1.2012 n. 319).

4. L’orientamento giurisprudenziale suindicato è stato di recente recepito dal Legislatore che, modificando con l’art. 5 co. 1 D.l. n. 32/2019 (convertito in l. n. 55/2019) l’art. 2 bis D.p.r. n. 380/2001, cd. T.U. Ed., ha disposto che “in ogni caso di intervento di demolizione e ricostruzione, quest’ultima è comunque consentita nel rispetto delle distanze legittimamente preesistenti purché sia effettuata assicurando la coincidenza dell’area di sedime e del volume dell’edificio ricostruito con quello demolito, nei limiti dell’altezza massima di quest’ultimo”(v. art. 2 bis co. 1 ter T.U. Ed.).

La disposizione si colloca nel solco delle iniziative finalizzate a favorire la riduzione del consumo di suolo e la rigenerazione del patrimonio edilizio esistente nonché a incentivare la razionalizzazione di detto patrimonio edilizio ed agevolare la riqualificazione di aree urbane degradate (v. art. 5 co. 1 D.l. n. 32/2019).

Resta ferma la facoltà delle Regioni e delle Province autonome di Trento e di Bolzano di prevedere, con proprie leggi e regolamenti, disposizioni derogatorie alle distanze previste dal DM 1444/1968 (v. art. 2 bis co. 1 T.U. Ed.).

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