Le modifiche introdotte dalla cd. L. Madia alla l. n. 241/90, sul “procedimento amministrativo”.

L’art. 6 l. n. 124/2015 (recante “Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche”), cd. “Legge Madia”, ha ulteriormente modificato la legge disciplinate il procedimento amministrativo (l. n. 241/90).

In particolare, sono evidenziabili le seguenti novità.

Anzitutto, intervenendo sui commi 3 e 4 dell’articolo 19 (recante disposizioni in materia di segnalazione certificata di inizio attività, cd. S.C.I.A.), la “Legge Madia” ha previsto che l’Amministrazione competente, entro sessanta giorni dal ricevimento della S.C.I.A., adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi di essa ove abbia accertato la carenza dei requisiti e dei presupposti a tal fine previsti dal precedente comma 1 (v. co. 3).

La disposizione prosegue, poi, precisando che “qualora sia possibile conformare l’attività intrapresa e i suoi effetti alla normativa vigente, l’amministrazione competente, con atto motivato, invita il privato a provvedere, disponendo la sospensione dell’attività intrapresa e prescrivendo le misure necessarie con la fissazione di un termine non inferiore a trenta giorni per l’adozione di queste ultime. In difetto di adozione delle misure stesse, decorso il suddetto termine, l’attività si intende vietata” (id.).

In ogni caso, precisa poi il co. 4, decorso il citato termine di 60 gg., ovvero di 30 gg. in materia edilizia (v. co. 6 bis richiamato nella disposizione in esame), l’Amministrazione competente adotta comunque “motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi di essa” in presenza delle condizioni previste dall’articolo 21 nonies per l’annullamento d’ufficio del provvedimento[1].

Rispetto al testo precedente, quello in esame ha certo il pregio di una maggior chiarezza anche se non ha eliminato del tutto il problema connesso alla certezza dei rapporti con la Pubblica Amministrazione soprattutto in presenza di inattività della stessa.

Da un lato, infatti, il rinvio all’art. 21 nonies, vale a limitare il potere di intervento dell’Amministrazione, decorso il termine previsto (60 o 30 gg.):

– sotto il profilo sostanziale, alle sole ipotesi in cui ricorrano i requisiti per l’annullamento del provvedimento amministrativo (peraltro, il mancato riferimento all’art. 21 quinquies, disciplinante il diverso caso della revoca del provvedimento amministrativo, esclude la possibilità di intervento per ragioni di mera opportunità);

– sotto il profilo temporale, ad un periodo di 18 mesi.

Dall’altro, resta però il fatto che, per un arco temporale non troppo ridotto – ossia un anno e mezzo – il privato non avrà la certezza del rapporto essendo comunque consentito all’Amministrazione un potere di intervento anche oltre il termine previsto di 60 gg. (o, in materia edilizia, 30 gg.).

Quanto sopra è reso ancora più evidente dal fatto che, al contrario, il testo previgente limitava la possibilità di intervento successivo al decorso del termine solo in presenza di “pericolo di un danno per il patrimonio artistico e culturale, per l’ambiente, per la salute, per la sicurezza pubblica o la difesa nazionale e previo motivato accertamento dell’impossibilità di tutelare comunque tali interessi mediante conformazione dell’attività dei privati alla normativa vigente.”

L’intervenuta abrogazione del co. 2 dell’art. 21[2] ha, poi, eliminato la possibilità per il privato che abbia presentato la S.C.I.A. di essere assoggettato – successivamente all’esercizio dell’intervento da parte dell’Amministrazione – alle stesse sanzioni applicabili nei confronti di chi abbia completamente omesso la richiesta segnalazione.

Altra modifica ha riguardato poi l’art. 21 nonies che, come anticipato, nel disciplinare le ipotesi di annullamento del provvedimento da parte dell’Amministrazione, prevede oggi uno specifico lasso temporale entro il quale il potere di annullamento in autotutela può essere esercitato: «comunque non superiore a diciotto mesi dal momento dell’adozione dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici” (v. co. 1).

Tale limite non si applica, però, nei casi di provvedimenti amministrativi conseguiti “sulla base di false rappresentazioni dei fatti o di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell’atto di notorietà false o mendaci per effetto di condotte costituenti reato, accertate con sentenza passata in giudicato” (v. co. 2 bis introdotto dall’art. 6 co. 1, lett. d, n. 2 l. n. 124/2015).

Si segnala, infine, che il predetto limite temporale (18 mesi), in virtù delle modifiche introdotte dalla cd. “Legge Madia”, si applica anche nell’ipotesi di sospensione del provvedimento amministrativo (v. articolo 21 quater co. 2 al quale è stato aggiunto, nella parte finale, il seguente periodo: «La sospensione non può comunque essere disposta o perdurare oltre i termini per l’esercizio del potere di annullamento di cui all’articolo 21-nonies»).

La legge in esame, infine, ha introdotto nella l. n. 241/90 l’art. 17 bis disciplinante il “Silenzio assenso tra amministrazioni pubbliche e tra amministrazioni pubbliche e gestori di beni o servizi pubblici”.

In particolare, in base alla predetta disposizione, le Amministrazioni pubbliche ed i gestori di beni o servizi pubblici, tenuti a rendere assensi, concerti o nulla osta comunque denominati, nell’ambito di procedimenti finalizzati all’adozione di provvedimenti normativi e amministrativi di competenza di altre Amministrazioni pubbliche, devono farlo entro trenta giorni dal ricevimento dello schema di provvedimento da parte dell’Amministrazione procedente.

Il termine può essere interrotto, una sola volta, “qualora l’amministrazione o il gestore che deve rendere il proprio assenso, concerto o nulla osta rappresenti esigenze istruttorie o richieste di modifica, motivate e formulate in modo puntuale nel termine stesso” ed in tal caso comincia a decorrere nuovamente dalla ricezione degli elementi istruttori o dello schema di provvedimento.

Il comma 3 precisa, poi, che le disposizioni in esame si applicano anche in materia ambientale, paesaggistico-territoriale, beni culturali e salute dei cittadini ed in tal caso il termine è di 90 gg.; mentre le stesse non si applicano “nei casi in cui disposizioni del diritto dell’Unione europea richiedano l’adozione di provvedimenti espressi (v. art. 4).

L’art. 17 bis disciplina, pertanto, il sub procedimento finalizzato all’ottenimento di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati.

In proposito è stato osservato[3] che lo stesso non si applicherebbe a:

– procedimenti nei quali siano richiesti atti di assenso da parte di più Amministrazioni, perché in tal caso varrebbero le disposizioni in materia di conferenza di servizi (di cui agli artt. 14 e ss l. n. 241/90);

– procedimenti nei quali il sub procedimento abbia ad oggetto il rilascio, da parte di un’Amministrazione diversa da quella procedente, di pareri e questo sia perché la norma non ne fa menzione, sia perché la modifica non ha interessato l’art. 16 l. n. 241/90 (che disciplina espressamente tale diversa ipotesi).

La disposizione in esame ha, poi, sollevato critiche per l’introduzione del meccanismo del silenzio assenso anche nell’ambito di materie particolarmente rilevanti per l’ordinamento (quali l’ambiente, il paesaggio, etc…) nelle quali è normalmente esclusa la sua applicabilità (v. ad esempio l’art. 20 co. 4 della stessa l. n. 241/90, disciplinante la diversa ipotesi della formazione del silenzio assenso nei procedimenti ad istanza di parte).

La stessa disposizione, peraltro, prevede una limitazione (che non brilla certo per chiarezza) all’applicazione dell’istituto in esame “nei casi in cui disposizioni del diritto dell’Unione europea richiedano l’adozione di provvedimenti espressi“(v. art. 4).

Un’interpretazione che tenga conto del diritto europeo e dei principi sanciti in materia dalla Corte Costituzionale potrebbe, pertanto, suggerire di limitarne l’applicazione soltanto a:

– provvedimenti vincolanti, o comunque, a basso contenuto discrezionale;

– provvedimenti che non abbiano contenuto conformativo (come spesso accade, invece, in materie quali l’ambiente, il paesaggio, i beni culturali, etc. .. lì dove sono spesso necessari specifiche prescrizioni all’attività del privato);

–  provvedimenti che abbiano contenuto conformativo solo in via generale[4].

 

[1] Art. 21 Nonies co. 1 l. n. 241/90: “Il provvedimento amministrativo illegittimo ai sensi dell’articolo 21-octies, esclusi i casi di cui al medesimo articolo 21-octies, comma 2, può essere annullato d’ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole, comunque non superiore a diciotto mesi dal momento dell’adozione dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, inclusi i casi in cui il provvedimento si sia formato ai sensi dell’articolo 20, e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall’organo che lo ha emanato, ovvero da altro organo previsto dalla legge. Rimangono ferme le responsabilità connesse all’adozione e al mancato annullamento del provvedimento illegittimo.

[2]Le sanzioni attualmente previste in caso di svolgimento dell’attività in carenza dell’atto di assenso dell’amministrazione o in difformità di esso si applicano anche nei riguardi di coloro i quali diano inizio all’attività ai sensi degli articoli 19 e 20 in mancanza dei requisiti richiesti o, comunque, in contrasto con la normativa vigente”.

[3] v. “Il silenzio assenso nelle c.d. materie sensibili alla luce della riforma Madia” di Francesco Scalia in “Urbanistica e Appalti” – IPSOA n. 1/2016, pagg. 11 e ss..

[4] ID.

(26.2.2016)

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