Le azioni possessorie

Le azioni possessorie previste dagli artt. 1168-1170 c.c. (e sotto il profilo processuale dagli artt. 703-705 c.p.c.) hanno lo scopo di garantire, nell’interesse collettivo, il diritto soggettivo alla conservazione della disponibilità della cosa, tutelato dall’ordinamento giuridico contro gli atti di spoglio e di molestia (sul punto, fra le altre, v. Cass., II, 22.2.2011 n. 4279).

Ne consegue che, proposta un’azione possessoria, il Giudice deve accertare, da un lato, l’esistenza di un possesso tutelabile, inteso quale “relazione materiale fra chi se ne assuma titolare e la cosa” (sul punto v. Cass., II, 18.2.2000 n. 1824), dall’altro, l’esistenza di un atto materiale integrante gli estremi di uno spoglio o turbativa (cd. elemento oggettivo).

Terzo elemento da accertare è, poi, l’elemento soggettivo (cd. animus spoliandi e/o turbandi) inteso quale coscienza e volontà dell’autore di compiere l’atto materiale nel quale si sostanzia l’illecito (sul punto, di recente, v. Cass., II, 31.1.2011 n. 2316).

La prova dei predetti elementi (oggettivo e soggettivo), in conformità ai principi generali (v. art. 2697 c.c.), è a carico di chi propone la domanda possessoria (fra le altre, Cass. n. 4279/11 cit.).

Cass., II, 23.10.2008 n. 25646 ha, poi, precisato che in una situazione di compossesso – come quella esistente tra i componenti di una comunione ereditaria in fase di scioglimento – è ravvisabile una lesione possessoria solo quando uno dei condividenti “abbia alterato e violato, senza il consenso e in pregiudizio degli altri partecipanti, lo stato di fatto o la destinazione della cosa oggetto del comune possesso, in modo da impedire o restringere il godimento spettante a ciascun compossessore sulla cosa medesima mediante atti integranti un comportamento durevole, tale da evidenziare un possesso esclusivo “animo domini” su tutta la cosa, incompatibile con il permanere del possesso altrui”.

(Settembre 2011)

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