Vicende relative al nuovo Piano Regolatore Generale del Comune di Roma

Con delibera consigliare n. 18 del 12.2.2008 (di ratifica dell’accordo di pianificazione sottoscritto in data 6.2.2008 dall’allora Sindaco del Comune di Roma, Walter Veltroni, e dal Presidente della Regione Lazio, Piero Marrazzo), il Comune di Roma ha approvato il nuovo Piano Regolatore Generale, cd. P.R.G., dopo oltre 40 anni dal precedente che, anche se successivamente modificato, risaliva al 1965.

Il lavoro di pianificazione, avviato dalla Giunta Rutelli nel 1994, era durato nove anni fino all’adozione del nuovo strumento urbanistico avvenuta nel corso del 2003 (con delibera C.C. n. 33 del 19/20.3.2003). Nel frattempo, però, l’Amministrazione aveva avviato un processo di pianificazione che ha consentito l’attuazione di circa il 65% del piano adottato (fra le altre misure introdotte, si segnala il taglio delle previsioni edificatorie contrastanti con disposizioni di salvaguardia ambientale, l’introduzione dell’innovativa procedura delle compensazioni, etc. …). Di particolare rilievo, in tale ambito, la variante generale denominata “Piano delle Certezze” (adottata con delibera C.C. n. 92 del 29.5.1997 ed approvata dalla Regione Lazio con D.G.R. n. 856 del 10.9.2004), definita dall’allora Direttore dell’Ufficio Pianificazione del Comune di Roma, Arch. Daniel Modigliani, la “vera e propria cerniera tra il vecchio ed il nuovo Piano”.

 

  1. A distanza di poco più di un anno, gli atti relativi all’approvazione del nuovo P.R.G. comunale, ed in particolare la delibera consigliare di approvazione, la delibera regionale di ratifica dell’accordo di pianificazione e l’accordo di pianificazione, sono stati annullati dal T.A.R. Lazio per vizi attinenti al relativo procedimento (Sez. II, 19.3.2009 n. 2860).

In particolare, con il motivo accolto, la Società ricorrente aveva censurato i provvedimenti impugnati per mancato rispetto di un “segmento” della procedura di copianificazione prevista per l’approvazione del P.R.G. del Comune di Roma dall’art. 66 bis l. reg. Lazio n. 38/99 (recante “norme sul governo del territorio”).

Per comprendere appieno l’iter logico seguito dal Collegio è necessario riassumere brevemente la menzionata procedura prevista dall’art. 66 bis cit..

Tale norma (introdotta dall’art. 70 co. 7 l. reg. Lazio n. 4/06, “finanziaria per l’esercizio 2006”), riconosce al Comune di Roma – in relazione alla sua particolare condizione quale Capitale della Repubblica”, nonché alle oggettive peculiarità connesse “alla dimensione territoriale, demografica e sociale della Capitale ed alla ricaduta sul suo assetto e sviluppo urbanistico”, il potere di approvare lo strumento urbanistico generale mediante la “conclusione di un accordo di pianificazione, secondo le forme e le modalità di cui ai commi successivi”.

L’obiettivo di semplificare e snellire un procedimento particolarmente complesso in relazione alle dimensioni territoriali e demografiche di Roma viene raggiunto dal Legislatore attraverso la previsione di una disciplina speciale, articolata nelle seguenti fasi:

  • Conferenza di copianificazione fra i dirigenti delle strutture tecniche competenti comunali, regionali e provinciali, finalizzata ad esaminare il piano adottato e verificare l’avvenuta acquisizione dei pareri e nulla osta prescritti dalla normativa vigente (v. co. 2);
  • redazione, all’esito della Conferenza (i cui lavori devono concludersi entro 60 gg. dalla convocazione), di uno schema di accordo, con allegate relazione tecnica e cartografia recante dettagliate indicazioni delle eventuali modifiche da apportare al piano adottato (v. co. 4);
  • eventuale pronuncia del Consiglio Comunale sullo schema medesimo (entro 30 gg. dal suo ricevimento), qualora lo stesso preveda, rispetto al piano adottato dal Comune, modifiche diverse dagli adeguamenti previsti dal co. 3 (ossia quelli ”necessari al fine di conformare il piano adottato alle previsioni di strumenti di pianificazione territoriali e di settore, di ambito regionale o statale”; v. 5);
  • accordo di pianificazione stipulato dal Sindaco e dal Presidente della Regione per confermare e recepire il predetto schema (entro 30 gg. dalla definizione dei lavori della conferenza ovvero dalla pronuncia favorevole del Consiglio Comunale ai sensi del comma 5; v. co. 6);
  • ratifica dell’accordo da parte della Giunta Regionale (entro i successivi 30 gg.; id.);
  • ratifica dell’accordo e contestuale approvazione da parte del Consiglio Comunale (entro lo stesso termine; v. co. 6 e 7).

Nucleo centrale della disciplina speciale è pertanto l’accordo di pianificazione raggiunto fra il Comune di Roma e la Regione Lazio, all’esito della Conferenza di copianificazione, che – fra l’altro – per garantire la razionalità ed omogeneità del piano deve apportarvi le eventuali modifiche conseguenti all’accoglimento delle osservazioni presentate dai privati nonché alla necessità di adeguare il piano agli altri strumenti di pianificazione di settore statali e regionali.

Ove tali modifiche non siano riconducibili agli adeguamenti previsti dal co. 3 dell’art. 66 cit. (a carattere sostanzialmente vincolato, non implicanti apprezzamenti di tipo tecnico ed in quanto tali non incidenti sulle caratteristiche essenziali del piano), lo schema d’accordo raggiunto in Conferenza deve essere sottoposto all’esame del Consiglio Comunale (v. co. 5).

In tale contesto – ad avviso del T.A.R. Lazio – “lo schema d’accordo formato dalla Conferenza, pur recando modifiche al piano adottato, non è stato poi rimesso al Consiglio comunale affinché questo potesse adottare la pronuncia prevista dal 5° comma della norma, avendo le Autorità competenti immediatamente proceduto alla sottoscrizione, in data 6.2.2008, dell’accordo di pianificazione secondo quanto previsto dal comma 6; sottoscrizione seguita dall’assunzione della delibera n. 18 del 12 febbraio 2008 da parte del Consiglio Comunale di ratifica dell’accordo e contestuale approvazione del piano adottato”.

Nelle modifiche apportate in sede di Conferenza di copianificazione, infatti, non sarebbe ravvisabile un’attività di adeguamento ai sensi del citato co. 3, ma una vera e propria “attività ulteriore di revisione, risistemazione ed adattamento del piano adottato” che la Conferenza – in quanto “organo istruttorio”  – avrebbe potuto solo proporre, ma non deliberare.

Tenuto conto di tutto ciò, il Collegio ha ritenuto fondata la censura dedotta dal ricorrente in ordine alla mancanza di un “segmento” nella procedura di approvazione del nuovo P.R.G. di Roma per non essere state sottoposte all’esame del Consiglio Comunale le modifiche apportate al piano adottato in sede di conferenza di copianificazione.

Né tale vizio sarebbe stato sanato dalla successiva approvazione comunale con delibera C.C. n. 18/08, anzitutto perché tale delibera costituisce “atto formale conclusivo del procedimento di primo grado di formazione del piano adottato” e non provvedimento di secondo grado “con funzione di sanatoria di vizi”; poi perché dalla stessa non emerge in alcun modo una volontà del Consiglio di “provvedere in funzione di sanatoria”.

La sentenza in esame ha creato un certo panico fra gli operatori del settore in considerazione del fatto che – fermi i contenuti del nuovo P.R.G. già anticipati dal citato Piano delle Certezze (sistema ambientale, mobilità su gomma, etc. ..) nonché quelli degli strumenti attuativi (P.d.z., piani di recupero, etc. ..) ed accordi di programma approvati in precedenza – la stessa ha messo in discussione la fattibilità di interventi ancora da realizzare quali, ad esempio, quelli relativi ad una parte delle cd. “centralità”, ovvero, uno degli assi portanti del nuovo Piano romano finalizzato a consentire un’organizzazione più efficiente della vita cittadina, attraverso la creazione di una rete di connessione fra nuovi “centri urbani” da realizzare in periferia che riuniscano al proprio interno funzioni abitative, commerciarli ed a servizi.

Avverso la stessa, il Comune di Roma ha quindi proposto immediatamente ricorso in appello dinanzi al Consiglio di Stato chiedendone la sospensiva anche in considerazione delle notevoli incertezze pratiche dalla stessa ingenerate.

Il Collegio adito, ribaltando completamente il giudizio espresso dal T.A.R., ed anticipando già in sede di esame delle istanze cautelari una valutazione sul merito della controversia, ha ritenuto che il “vizio procedimentale ravvisato dal primo giudice (ndr mancata approvazione da parte del Consiglio Comunale delle modifiche introdotte dalla Conferenza istruttoria), …, appare superato dal successivo intervento in sede di approvazione del P.R.G. dello stesso Consiglio Comunale”.

A tale conclusione il Consiglio di Stato è pervenuto avendo considerato che la mancata approvazione da parte del Consiglio Comunale dello schema d’accordo:

–  al massimo può integrare una lesione delle prerogative consiliari;

– il Consiglio medesimo, pertanto, ove avesse ritenuto sussistente tale vizio di legittimità, avrebbe potuto negare l’approvazione del piano, chiedendone la “previa emenda”;

– irrilevante in proposito il riferimento, contenuto nella sentenza del T.A.R., all’impossibilità di “ratifica o di convalida” da parte dell’organo consiliare, visto che essendosi collocato il suo intervento “al termine dell’unico iter procedimentale di formazione del P.R.G.”, gli era consentito, quale titolare del potere di emanare il provvedimento finale, di “rilevare eventuali vizi e sollecitarne l’eliminazione”.

Alla luce di tali considerazioni, il Consiglio di Stato, ha sospeso l’efficacia della sentenza impugnata, fissando sin d’ora la data per l’udienza di merito (7.7.2009).

Tale pronuncia ripristina l’efficacia del nuovo P.R.G. quantomeno sino alla sentenza di merito anche se, tenuto conto delle anticipazioni nel merito già fatte dal Collegio, il contenuto della stessa  dovrebbe essere scontato.

(“il Corriere de iure publico” n. 5 – maggio 2009)

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