L’istituzione delle Città metropolitane e l’abolizione delle Province

Introdotte per la prima volta nel nostro ordinamento dalla l. n. 142/90 , ma rimaste lettera morta per diversi decenni (nonostante un nuovo intervento normativo nel 2000 ), le città metropolitane vedono la luce solo a seguito della l. n. 56/2014 approvata di recente (cd. Riforma Delrio).

Secondo la definizione ivi riportata, si tratta di “enti territoriali di area vasta” (v. art. 1 co. 2) il cui territorio corrisponde con quello delle province omonime (v. co. 6).
In proposito, si segnala una diversità sostanziale rispetto alla previsione inziale in cui, invece, l’individuazione del territorio della città metropolitana era rimessa ai singoli comuni interessati, ovvero comune capoluogo e comuni ad esso uniti da contiguità territoriale e da rapporti di stretta integrazione in ordine all’attività economica, ai servizi essenziali, ai caratteri ambientali ed alle relazioni socio-culturali (v. artt. 18 l. n. 142 cit. e 23 d.lgs. n. 267/00).
La Costituzione le qualifica “enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni” al pari di Comuni, Province e Regioni (v. art. 114 co. 2, come modificato dall’art. 1 l. cost. n. 3/01).
Come accade per gli altri enti territoriali, anche alle città metropolitane è riconosciuta una potestà normativa secondo i princìpi fissati dalla Costituzione, consistente nella potestà statutaria e in quella regolamentare (v. art. 4 co. 1 l. n. 131/2003 ).

La legge in esame prevede le seguenti Città metropolitane: Roma Capitale, Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria (v. co. 5 e 101).
La relativa disciplina è, però, transitoria in attesa della riforma della seconda parte del Titolo V della Costituzione e delle relative disposizioni attuative; la stessa peraltro non incide sulla competenza regionale ai sensi dell’art. 117 Cost. (id.).
Specifiche disposizioni, in relazione alla sua diversa funzione istituzionale, sono poi previste per Roma Capitale, come definita con art. 24 co. 2 l. n. 42/2009 (v. co. 101-103).
Per le altre, invece, ad eccezione di Reggio Calabria, la legge ne fissa la costituzione dalla data di entrata in vigore della presente legge e, quindi, dall’8.4.2014 (giorno successivo alla pubblicazione della legge nella G.U.; v. co. 12 e 151).
Un rinvio, secondo i termini previsti dal comma 18, è, infine, previsto per Reggio Calabria in considerazione dello stato di commissariamento in cui la stessa versava al momento dell’approvazione della legge.
Rispetto alla previsione iniziale degli anni ‘90, si registra pertanto la diversa qualifica assunta da Roma (in relazione al ruolo e prestigio connesso alla sua funzione di capitale) e l’introduzione della nuova area di Reggio Calabria.

Le menzionate Città metropolitane sono subentrate alle omonime Province a decorrere dal 1.1.2015, succedendo ad esse in tutti i rapporti attivi e passivi (v. co. 16).
Un tentativo in tal senso era già stato compiuto in passato dall’art. 18 co. 1 d.l. n. 95/2012 (conv. in l. n. 135/2012) a decorrere dal 1.1.2014; detta disposizione però, la cui applicazione era già stata sospesa dall’art. 1 co. 115 l. n. 228/2012, è stata dichiarata costituzionalmente illegittima “per l’incompatibilità logica e giuridica dello strumento della decretazione d’urgenza con una riforma radicale del sistema delle autonomie” (v. Corte Costituzionale, sent. n. 220/2013)
Le funzioni delle Città metropolitane vanno, quindi, oggi individuate in quelle già esercitate dalle Province (v. co. 16) nonché in quelle ulteriori espressamente contemplate dalla legge in esame (v. co. 44-46) aventi la finalità complessiva di: a) curare lo sviluppo strategico del territorio metropolitano; b) promuovere e gestire in forma integrata i servizi, le infrastrutture e le reti di comunicazione di interesse metropolitano; c) curare le relative relazioni istituzionali (v. co. 2).
Per l’espletamento delle predette funzioni spettano alle Città metropolitane il patrimonio, il personale e le risorse strumentali della Provincia a cui ciascuna Città succede (v. co. 47).

Organi delle Città metropolitane sono (v. co. 7):
– il Sindaco metropolitano;
– il Consiglio metropolitano;
– la Conferenza metropolitana.
Il primo (di diritto il Sindaco del Comune capoluogo; v. co. 19) rappresenta l’Ente, convoca e presiede gli altri due organi ed esercita, in generale, tutte le funzioni attribuite dallo Statuto (v. co. 8, I parte).
Il Consiglio è organo elettivo di secondo grado i cui membri, scelti fra i Consiglieri dei Comuni interessati, sono eletti dai Sindaci e dai Consiglieri medesimi (v. co. 20 e 25). Lo stesso dura in carica cinque anni (v. co. 21) e costituisce l’organo di indirizzo e controllo dell’Ente (v. co. 8, II parte).
La Conferenza, infine, composta dal Sindaco metropolitano e dagli altri Sindaci dei Comuni interessati (v. co. 42), ha poteri propositivi e consultivi (v. co. 8, ultima parte) ed adotta lo Statuto (e le relative modifiche; v. co. 9) nel rispetto dei contenuti indicati dai co. 10 e 11.
Le predette cariche sono tutte esercitate a titolo gratuito (v. co. 24).
La legge in esame imponeva entro il 12.10.2014, elezione ed insediamento del Consiglio metropolitano e insediamento della Conferenza metropolitana (v. co. 15) nonché entro il 31.12.2014 l’approvazione dello Statuto (id.).
Per l’area metropolitana di Roma Capitale, il Consiglio (composto da 24 membri) è stato eletto in data 5.10.2014 e lo Statuto è stato approvato il 22.12.2014.
Alla data di stesura del presente articolo , anche le Città metropolitane di Milano, Bologna, Firenze, Genova e Bari hanno provveduto ai predetti adempimenti nei termini assegnati dalla legge.
Le Città metropolitane di Torino e Napoli, invece, eletto il Consiglio, non hanno ancora approvato lo Statuto.
Manca all’appello la Città metropolitana di Venezia per le note vicende legate allo scioglimento anticipato del Consiglio del Comune capoluogo.

La legge n. 56/14 si occupa, infine, di riordinare le altre Province non interessate dall’istituzione delle Città metropolitane.
Le stesse, definite “enti territoriali di area vasta” (v. co. 3, prima parte), sono disciplinate attraverso le previsioni dei commi 51-100; previsioni specifiche sono, invece, previste per quelle che abbiano territorio completamente montano e siano confinanti con Paesi stranieri (id., seconda parte).
Resta inteso che anche per le Province non soppresse, la disciplina in esame è transitoria e permane in attesa della riforma della seconda parte del Titolo V della Costituzione e delle relative disposizioni attuative; la stessa peraltro non incide sulla competenza regionale ai sensi dell’art. 117 Cost..
Detta disciplina, infine, non si applica nelle Province autonome di Trento e Bolzano nonché in Valle d’Aosta (v. co. 53).
La portata innovativa delle disposizioni in esame va principalmente ravvisata nell’aver trasformato le Province in semplici Associazione di Comuni i cui organi (Presidente, Consiglio e Assemblea dei Sindaci) non sono più eleggibili direttamente (v. rispettivamente, co. 58, 69 e 56).
I predetti incarichi sono peraltro svolti a titolo gratuito (v. co. 89).
Le relative funzioni fondamentali sono elencate dal co. 85, altre possono essere esercitate d’intesa con i Comuni (v. co. 86).
I co. 89 e ss. prevedono infine un complesso processo di riordino delle funzioni provinciali diverse da quelle fondamentali, attraverso una riattribuzione delle stesse ad altri Enti al fine di individuare l’ambito territoriale ottimale per l’esercizio di ognuna nonché efficacia ed unitarietà nel relativo svolgimento.

Il provvedimento in esame, sebbene manchevole sotto diversi profili soprattutto in termini di chiarezza espositiva, organicità e facilità di consultazione , persegue l’apprezzabile obiettivo di una consistente riduzione della spesa pubblica in particolare attraverso l’introduzione di organi elettivi di secondo grado.
Tale modifica, per le Province non interessate dall’istituzione delle Città metropolitane, comporta – fra l’altro – la soppressione delle Giunte provinciali e, di conseguenza, della figura di Assessore.
Si è detto peraltro che la l. n. 56/14 prevede espressamente la gratuità degli incarichi.
Restano però tutti i limiti di una riforma che, per il mancato intervento sulla Costituzione, non può che essere parziale e transitoria (così, ad esempio, la legge – pur prevedendo il subentro delle Città metropolitane alle Province – non può eliminarle non potendo una legge ordinaria incidere sulle previsioni costituzionali).
Aggiungasi che la stessa non risolve in modo sostanziale il problema fondamentale degli Enti in esame, quali Enti intermedi, ovvero il coordinamento delle relative funzioni con quelle degli altri Enti operanti a livello locale.

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