Svolgimento delle attività di somministrazione di alimenti e bevande nella Regione Lazio

Introduzione

Con il Regolamento regionale G.R. n. 1 del 19.1.2009 (v. art. 1), atteso per diverso tempo, la Regione Lazio ha dettato disposizioni attuative e integrative della l. reg. n. 21/06 che – a sua volta – nel disciplinare lo svolgimento delle attività di somministrazione di alimenti e bevande[1] ha semplificato i criteri per il rilascio della relativa autorizzazione sostituendo un unico provvedimento ai quattro precedentemente necessari[2].

In  particolare, come previsto dall’art. 7 co. 1 l. reg. n. 21 cit., il regolamento regionale in esame – nel rispetto della potestà normativa dei Comuni[3] – ha il compito di fissare:

  1. i criteri generali per l’adozione da parte dei comuni degli atti in materia di occupazione di suolo pubblico;
  2. gli indirizzi per la determinazione, da parte dei Comuni, degli orari di apertura degli esercizi che svolgono attività di intrattenimenti musicali e danzanti congiuntamente a quella di somministrazione di alimenti e bevande;
  3. il contenuto essenziale dell’istanza per il rilascio dell’autorizzazione comunale alla quale è subordinato lo svolgimento dell’attività in esame (v. art. 11 co. 1 l. reg. n. 21 cit.);
  4. il contenuto essenziale della dichiarazione di inizio attività, prevista in alternativa alla predetta autorizzazione, per le attività connesse a spettacoli, svolte nelle aree di servizio, in locali situati all’interno di porti, aeroporti, stazioni, etc. … (v. co. 12 art. 11 cit.) nonché delle comunicazioni per l’affidamento di gestione di reparti (v. art. 13 l.. reg. n. 21 cit.) e per il subingresso (v. art. 14 l. reg. n. 21 cit.);
  5. le modalità di attuazione dei procedimenti di concertazione e di partecipazione amministrativa ad ogni livello territoriale;
  6. le previsioni di salvaguardia per gli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande, con riferimento alle norme in materia di destinazione d’uso e ai regolamenti urbanistici ed edilizi, nell’ambito di contesti urbani di particolare pregio artistico ed architettonico

Restano invece di competenza dei Comuni (che vi devono provvedere con propri regolamenti[4]):

  1. a) le modalità di presentazione dell’istanza volta ad ottenere le autorizzazioni, ivi comprese quelle temporanee riguardanti fiere, feste, etc. … (previste dall’art. 12 l. reg. n. 21 cit.), nonché le relative modalità di rilascio, sospensione e revoca;
  2. b) le modalità per la comunicazione della richiesta in caso di ampliamento dei locali (prevista dall’art. 11 co. 10) nonché per la dichiarazione di inizio attività e per le comunicazioni indicate al precedente punto 4;
  3. c) l’orario (minimo e massimo) di apertura e chiusura al pubblico degli esercizi di somministrazione e l’orario di apertura dei locali che svolgono attività di intrattenimento musicale e danzante congiuntamente alla somministrazione di alimenti e bevande (tenendo conto di quanto previsto dall’articolo 17);
  4. d) l’utilizzo, da parte dei locali in cui si svolge attività di somministrazione di alimenti e bevande, di strumenti o apparati tecnologici per lo smaltimento dei fumi più moderni ed ecologicamente idonei e per la diminuzione dell’inquinamento acustico, con particolare riferimento ai centri storici.

Passando ad un’analisi più dettagliata della nuova disciplina regionale, i criteri generali fissati per l’adozione, da parte dei Comuni, degli atti in materia di occupazione del suolo pubblico sono chiaramente volti a contemperare le opposte esigenze di tutela della aree di pregio (storico, artistico, architettonico e ambientale) con le esigenze socio-economiche (v. art. 2).

Se l’intento è chiaramente condivisibile, qualche dubbio sorge in merito alla concreta efficacia dei criteri forniti ai Comuni, sia per l’eccessiva genericità (a titolo esemplificativo, “adeguatezza degli arredi”; v. lett. “b”), sia per l’evidente contraddittorietà degli stessi (sempre a titolo esemplificativo, “salvaguardia delle aree di particolare valenza storico-ambientale e socio-economica”; v. lett. “a”; oppure il co. 2 in base al quale gli interventi comunali di tutela di aree di pregio devono comunque garantire non solo la continuità, ma addirittura lo sviluppo delle attività con particolare riferimento a quelle presenti).

Tale esigenza di contemperamento di interessi è peraltro espressamente evidenziata dall’art. 12 che impone ai Comuni, in sede di pianificazione urbanistica, di garantire l’equilibrio fra la tutela delle zone di particolar pregio e la tutela della libera iniziativa economica, con particolare riferimento ai diritti acquisiti dagli esercizi già operanti all’interno dei contesti stessi.

Ugualmente generici e, per di più molto eterogenei, gli indirizzi regionali per la determinazione degli orari di apertura degli esercizi che svolgono attività di intrattenimenti musicali e danzanti congiuntamente a quella di somministrazione di alimenti e bevande.

In tale ambito infatti i Comuni dovranno valutare:

– rumorosità (interna ed esterna) dei locali che dovrà essere messa in relazione con il disturbo arrecato ai residenti;

– aumento del traffico veicolare e pedonale;

– disponibilità di parcheggi;

– “emergenza derivante dal crescente numero di incidenti che accadono nelle fasi di rientro dai locali” (v. art. 3).

Il contenuto essenziale dell’istanza per il rilascio dell’autorizzazione comunale (alla quale l’art. 11 co. 1 della l. reg. n. 21 cit. subordina lo svolgimento dell’attività in esame) è poi indicato dai co. 1, 2 e 3 dell’art. 4.

Di particolare interesse, nell’ottica di uno snellimento procedurale, l’introduzione al co. 5 del meccanismo del silenzio assenso (la domanda si intende accolta ove sia decorso il termine di 90 gg. senza che il Comune abbia adottato un provvedimento di diniego e sempre che l’interessato abbia effettuato le comunicazioni richieste dal co. 7, ovvero disponibilità del locale, nome del soggetto preposto allo svolgimento dell’attività, etc. ..).

Ove sussistano motivi ostativi all’accoglimento della domanda, gli stessi dovranno essere comunicati  tempestivamente all’interessato che, nei 10 gg. successivi, potrà presentare le sue osservazioni e l’eventuale documentazione integrativa (v. co. 6).

I contenuti dell’istanza di rilascio di autorizzazioni temporanee sono fissati dall’art. 6.

In alternativa all’autorizzazione prevista dall’art. 11 della legge regionale, per le attività connesse a spettacoli, svolte nelle aree di servizio, in locali situati all’interno di porti, aeroporti, stazioni e per tutte le altre indicate dall’art. 6 co. 1 lett. “a”-“m”, come accennato la legge regionale prevede solo una dichiarazione di inizio attività il cui contenuto essenziale è disciplinato dall’art. 10.

Gli artt. 7, 8 e 9 forniscono invece indicazioni per le comunicazioni relative rispettivamente all’affidamento di gestione di reparti, al subingresso ed all’affitto di azienda.

L’art. 11, infine, affida ai Comuni il compito di promuovere lo sviluppo equilibrato del settore anche attraverso procedimenti di concertazione tra i diversi interessati nel rispetto dei principi generali di efficacia, efficienza ed economicità che devono presiedere lo svolgimento dell’attività amministrativa (ai sensi dell’art. 1 l. n. 241/90).

Si segnala poi che, in conformità a quanto previsto dalla legge regionale (v. art. 5 co. 3), al Comune di Roma è accordato un potere di derogare agli indirizzi regionali nelle ipotesi di squilibrio tra lo sviluppo delle attività di somministrazione di alimenti e bevande e le esigenze di tutela del contesto architettonico, storico e artistico (con conseguente necessità di limiti e divieti; v. lett. “a”) ovvero in caso di saturazione dell’offerta tale da incidere sul corretto svolgimento della libera competizione e, di conseguenza, sulla qualità dei servizi offerti (v. lett. “b”).

Tale potere è stato di recente esercitato dal Comune di Roma che, con delibera C.C. n. 35 del 16.3.2010, ha adottato il regolamento previsto dalla normativa regionale.

Il Comune, in particolare, ha riscontrato che in alcuna zone della Città Storica, come individuata dal vigente P.R.G., si verifica la condizione di squilibrio suindicata ed ha previsto, di conseguenza, una normativa più restrittiva volta a garantire la salvaguardia delle aree tutelate.

(“il Corriere de iure publico” n. 4 – aprile 2010)

Tutti i diritti riservati. Riproduzione vietata.

[1] Intendendosi per tali:

1) la vendita ed il relativo servizio per il consumo di alimenti e bevande nei locali dell’esercizio ovvero in una superficie attrezzata, aperti al pubblico, ivi comprese le aree pubbliche come definite dall’articolo 36 l. reg. n. 33/99;

2) l’organizzazione del servizio di somministrazione di alimenti e bevande rivolto esclusivamente al consumatore, ai suoi familiari e alle persone da lui invitate nel domicilio del consumatore stesso.

(v. art. 3 co. 1 l.reg. cit.).

[2] Ristoranti, Bar, Locali per intrattenimento, Esercizi senza vendita di alcolici.

[3] Prevista dagli artt. 117 co. 6 Cost. e 4 l. n. 131/03 (recante “Attuazione dell’articolo 114, secondo comma, e dell’articolo 117, sesto comma, della Costituzione in materia di potestà normativa degli enti locali”).

[4] Si segnala che l’adeguamento dei regolamenti comunali doveva avvenire entro il termine di 90 gg. dalla data di entrata in vigore del regolamento regionale e, quindi, entro il 2.5.2009 (v. artt. 15 e 16).

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