La nuova legge regionale del Lazio in materia di vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia

Con la legge n. 15 dell’11.8.2008, la Regione Lazio ha approvato disposizioni in materia di vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia, esercitando così quella potestà legislativa concorrente che l’art. 2 D.p.r. n. 380/01 (cd. Testo Unico Edilizia) riconosce alle Regioni in materia edilizia.

La legge in esame, il cui scopo è quello di assicurare “un ordinato sviluppo del territorio, la salvaguardia delle risorse ambientali, del paesaggio e del patrimonio culturale” (v. art. 1), attribuisce – in ossequio al principio di sussidiarietà cd. verticale previsto dall’art. 118 co. 1 Cost. –   un ruolo primario alla Regione nel coordinamento delle attività di prevenzione-repressione degli abusi edilizi.

In particolare, le viene affidato il compito di promuovere forme di collaborazione istituzionale, anche attraverso la stipula di apposite convenzioni con le Amministrazioni coinvolte (v. art. 2),  di attivare servizi di consulenza e di assistenza tecnico-giuridica nonché di concedere finanziamenti in favore degli enti preposti alla vigilanza (v. art. 3 che prevede, fra l’altro, l’istituzione di un fondo di rotazione per le spese di demolizione e di ripristino disciplinato dal successivo art. 29), di eseguire periodicamente rilevamenti aerofotogrammetrici e satellitari (v. art. 4) nonché di monitorare costantemente il territorio (v. art. 5) con conseguente segnalazione ai competenti organi di situazioni non conformi alle normative (v. art. 11).

Alle stesse esigenze rispondono l’istituzione di un Osservatorio regionale (v. art. 6) e la costituzione di una Banca Dati sull’abusivismo (v. art. 7).

Apprezzabile, poi, il tentativo del Legislatore regionale di individuare un doppio regime sanzionatorio che affianca ad una procedura cd. ordinaria (v. Capo II, Sez. II, artt. 13-23), una speciale per le aree sottoposte a vincoli (id., Sez. III, artt. 24-26) e di disciplinare in modo dettagliato l’intervento sostitutivo regionale nelle ipotesi di inerzia da parte dei Comuni interessati (v. Capo IV, artt. 31-34).

L’analisi delle singole norme rivela però che l’intento è stato raggiunto solo in parte.

Sotto il profilo procedurale, infatti, la disciplina si presenta piuttosto disorganica visto che, al di là del titolo dato alle singole Sezioni, il testo in esame opera una distinzione solo per gli interventi non ancora ultimati realizzati su aree gravate da vincoli specifici (v. artt. 24 e 26) nonché per quelli realizzati su beni culturali o gravati da vincolo paesaggistico assoluto di inedificabilità (v. art. 25), rinviando per gli altri alle disposizioni generali (si veda più dettagliatamente il successivo punto 2.4.).

Anche il potere sostitutivo regionale, compiutamente disciplinato dal Capo IV, è inutilmente richiamato nel Capo II (v. artt. 15 e 16 co. 7 e 6).

Evidente è poi l’inasprimento delle sanzioni pecuniarie rispetto alle analoghe disposizioni statali (anche sul punto si veda più ampiamente in seguito).

Va segnalato infine che, ai sensi dell’art. 36, le disposizioni contenute nella l. n. 15/98 non si applicano ai procedimenti sanzionatori già in corso alla data della sua entrata in vigore (5.9.2008).

Può essere utile analizzare in modo più specifico i temi che costituiscono il nucleo centrale della legge in esame.

Procedure sanzionatorie

Titolarità del potere di vigilanza

In linea generale, in conformità a quanto previsto a livello statale dall’art. 27 T.U. Edilizia, la legge n. 15/08 riconosce la competenza in materia di vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia al Dirigente o al Responsabile della competente struttura comunale (v. combinato disposto artt. 8 co. 1 e 9 co. 1).

Sono fatte salve le specifiche disposizioni previste dalla legge regionale n. 29/97 per le aree naturali protette nonché la competenza del Ministero delle Infrastrutture, d’intesa con il Presidente della Regione, per gli abusi commessi da Amministrazioni statali (anche in proposito la norma regionale riproduce quanto già previsto dall’art. 28 T.U. Edilizia).

Il potere in esame può essere attivato a seguito delle verifiche d’ufficio, delle segnalazioni provenienti dalla Polizia giudiziaria o dalla Regione (v. art. 11) nonché delle denuncie di tutti i soggetti interessati, ivi compresi gli Enti portatori di interessi diffusi (v. art. 9 co. 1).

Il successivo co. 3 precisa, poi, che entro i successivi 30 gg., il Dirigente o il Responsabile della struttura competente accerta la regolarità dell’intervento.

La norma in esame, seppur generica nell’individuazione del dies a quo per la decorrenza del termine previsto, appare rilevante sotto un duplice profilo.

In primo luogo, per la sua portata innovativa: manca infatti nel T.U. Edilizia sia l’elenco degli strumenti attraverso i quali l’organo competente viene a conoscenza dell’abuso, sia l’indicazione del termine entro il quale deve essere effettuato il relativo accertamento (v. artt. 27 e ss.).

In secondo luogo, perché viene riconosciuto espressamente il ruolo attivo dei privati, Enti portatori di interessi diffusi compresi, nella segnalazione degli abusi dalla quale scaturisce peraltro la necessità per l’organo competente di accertare la regolarità dell’opera contestata.

Sotto tale profilo pertanto tale previsione, da un lato, può ulteriormente supportare il recente orientamento giurisprudenziale volto a riconoscere al proprietario di un’area o di un fabbricato, nella cui sfera giuridica incide dannosamente il mancato esercizio dei poteri ripristinatori e repressivi relativi ad abusi edilizi da parte dell’organo preposto, la titolarità di un interesse legittimo all’esercizio dei medesimi poteri da parte dell’Amministrazione con la conseguenza che il silenzio serbato sulla relativa istanza integra gli estremi del silenzio-inadempimento, sindacabile in sede giurisdizionale con il rito previsto dall’art. 21 bis l. T.A.R. (Cons. Stato, IV, 19.10.2007 n. 5466; id., VI, 11.5.2007 n. 2318); dall’altro, può rappresentare il presupposto per ampliare ulteriormente l’ambito dei soggetti che possono usufruire di tali forme di tutela.

Il responsabile dell’abuso

Analogamente a quanto già previsto dall’art. 29 T.U. Edilizia, l’art. 12 della legge in esame ribadisce la responsabilità del titolare del titolo abilitativo, del committente e del costruttore per la conformità dell’opera realizzata alle normative vigenti (con una particolare attenzione, rispetto alla disposizione statale, per la normativa paesistica e di tutela delle aree naturali) nonché quella ulteriore del direttore lavori per le difformità relative alle previsioni del permesso di costruire.

Anche la legge regionale peraltro esenta da responsabilità il direttore lavori che abbia denunciato l’abuso secondo le modalità ivi indicate (v. co. 2 che ribadisce quanto già disposto in proposito dall’art. 29 co. 2 T.U. Edilizia).

La procedura ordinaria

Passando all’esame specifico delle procedure previste per la repressione degli abusi edilizi, quella ordinaria prevede anzitutto l’ordine di sospensione quale prima forma sanzionatoria delle opere non ultimate, non conformi alle disposizioni normative, regolamentari, urbanistico-edilizie ed alle modalità esecutive dei titoli abilitativi ovvero, anche se conformi, realizzate in assenza del relativo titolo (v. art. 14 co. 1).

Tale ordine andrà comunicato secondo le modalità previste dal co. 2 che, al fine di evitare uno dei più ricorrenti motivi di impugnazione, precisa l’idoneità della suddetta comunicazione a valer quale avviso di avvio del procedimento ai sensi dell’art. 7 l. n. 241/90.

I provvedimenti sanzionatori definitivi, da adottare entro i successivi 45 gg. (v. co. 3 che ripropone un termine già previsto dall’art. 27 co. 3 T.U. Edilizia, sostanzialmente non rispettato quantomeno nel territorio della Regione Lazio), sono poi distinti in rapporto alla violazione contestata.

Gli abusi considerati sono i seguenti.

a) Per le opere di nuova costruzione realizzate in assenza titolo (ivi compresa la DIA per le ipotesi di cui all’art. 22 co. 3, lett. “b” e “c”), in totale difformità dallo stesso o con variazioni essenziali (elencate nel successivo art. 17 di attuazione di quanto previsto dall’art. 32 co. 1 T.U. Edilizia), l’art. 15 prevede la demolizione entro un congruo termine, che comunque non può essere superiore ai 90 gg..

L’inottemperanza alla predetta ingiunzione da parte del destinatario (responsabile dell’abuso e proprietario se non coincidenti) determina l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell’opera e dell’area di sedime nonché di “quella necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive”.

Prescrizioni specifiche sono poi previste per l’atto di accertamento della predetta inottemperanza (v. co. 3), per le aree vincolate (v. co. 6) e per l’esercizio di poteri sostituitivi da parte della Regione (v. co. 7).

La disposizione è sostanzialmente analoga alla corrispondente norma statale (v. art. 31 T.U. Edilizia) dalla quale si distingue per:

– una disciplina più dettagliata dell’atto di accertamento (che recepisce i suggerimenti in proposito forniti dalla giurisprudenza che nel passato ha dovuto ovviare a disposizioni troppo generiche; v. co. 3, prima parte);

– la previsione di una sanzione pecuniaria aggiuntiva all’acquisizione gratuita (id., ultima parte);

– la previsione, quale unica sanzione, della demolizione nell’ipotesi in cui il proprietario dell’immobile non coincida con il responsabile dell’abuso (anche sul punto la legge regionale recepisce le indicazioni fornite dai Giudici Amministrativi; v. co. 5).

b) Per le opere di ristrutturazione edilizia (per la relativa definizione la legge regionale rinvia all’art. 10 co. 1 lett. “c” del T.U. Edilizia) o cambio di destinazione (v. art. 7 co. 3 l. reg. Lazio n. 36/87) realizzate in assenza o in totale difformità dal titolo (ivi compresa la DIA per l’ipotesi di cui all’art. 22 co. 3, lett. “a”) o con variazioni essenziali (v. art. 17), l’art. 16 prevede la demolizione entro un congruo termine, che comunque non può essere superiore ai 120 gg..

In caso di inottemperanza da parte del destinatario (responsabile dell’abuso e proprietario se non coincidenti), vi provvede direttamente il Comune a spese del responsabile.

Prescrizioni specifiche sono poi previste per le ipotesi in cui il Comune accerti motivatamente che non sia possibile procedere alla demolizione ed irroga solo la sanzione pecuniaria (v. co. 3), per le aree vincolate (v. co. 4), per le aree comprese in zona A di p.r.g. (v. co. 5) e per l’esercizio di poteri sostituitivi da parte della Regione (v. co. 6).

La disposizione è sostanzialmente corrispondente alla norma statale (v. art. 33 T.U. Edilizia) dalla quale si distingue per la previsione di un termine specifico entro il quale va eseguita la demolizione (120 gg., v.  co. 1) e per altre lievi modifiche relative alle aree vincolate (fra le quali si segnala il notevole aumento degli importi previsti per il pagamento della sanzione pecuniaria; v. co. 4) ed a quelle comprese in zona A di p.r.g. (v. co. 5).

c) Analoghe disposizioni sono previste dall’art. 18 per gli interventi di nuova costruzioni o di ristrutturazione realizzati in parziale difformità (che ripropone sostanzialmente la stessa procedura sanzionatoria prevista dall’ art. 16 co. 1-3 e dall’art. 34 T.U. Edilizia).

d) Per gli interventi realizzati in assenza o in difformità dalla DIA, l’art. 19 prevede poi l’applicazione di una sanzione pecuniaria che, diversamente da quanto disciplinato dalla corrispondente norma statale (v. art. 37 T.U. Edilizia), non è più commisurata all’aumento del valore venale dell’immobile, ma alla gravità dell’abuso (entro un minimo ed un massimo predeterminati).

La norma ripropone poi una procedura analoga a quella prevista dall’art. 16 co. 4 e 5 rispettivamente per le aree vincolate e per quelle comprese in zona A di p.r.g..

e) Analogamente a quanto disposto a livello statale, disposizioni specifiche sono poi previste per gli interventi eseguiti in base ad un provvedimento successivamente annullato d’ufficio o in via giurisdizionale (cfr. artt. 20 l. n. 15 cit. e 38 T.U. Edilizia), per opere su aree demaniali e patrimoniali di Enti Pubblici (cfr. artt. 21 l. n. 15 cit. e 35 T.U. Edilizia) e per la lottizzazione abusiva (cfr. artt. 23 l. n. 15 cit. e 30 T.U. Edilizia).

Anche la disciplina del cd. accertamento di conformità (prevista dall’art. 22) non si discosta dalla disciplina statale se non per modifiche marginali (quali la previsione unitaria di tutte le ipotesi di illeciti, ivi compresi quelli relativi a DIA).

Rilevante è invece la modifica degli importi da pagare commisurati dalla disciplina regionale: al valore di mercato dell’intervento (per le ipotesi di cui all’art. 15) ed al doppio dell’incremento di valore di mercato (per le ipotesi di cui agli artt. 16 e 18).

Per gli interventi realizzabili con DIA, la sanzione può variare da un minimo di € 1.000,00 ad un massimo di € 10.000,00 con un consistente incremento rispetto alla disciplina statale che prevede invece un tetto massimo di € 5.164,00 (v. art. 37 co. 4 T.U. Edilizia).

La procedura speciale

Nel disciplinare le procedure speciali per le aree sottoposte a vincoli, la legge in esame distingue gli interventi abusivi a seconda che siano stati realizzati su immobili:

  • gravati da vincolo urbanistico, idrogeologico e di tutela delle acque destinate al consumo umano (v. art. 24);
  • dichiarati monumento nazionale, di interesse culturale o archeologico, gravati da vincolo paesaggistico di inedificabilità assoluta (v. art. 25);
  • gravati da vincolo paesaggistico ai sensi dell’art. 134 D.lgs. n. 42/04.

Nel primo e nel terzo caso, il Dirigente o il Responsabile della struttura comunale competente, ove si tratti di interventi non ultimati, provvede direttamente alla demolizione, a spese del responsabile, previa notifica allo stesso (nonché al proprietario e titolare di altro diritto reale di godimento); se le opere sono invece state completate, l’organo competente applica la procedura ordinaria prevista dagli artt. 15 e 16.

Nel secondo caso, il Dirigente o il Responsabile della struttura comunale competente che abbia accertato l’esistenza di opere abusive ne dà comunicazione al corrispondente organo del Ministero per i beni e le attività culturali che provvede agli atti di sua spettanza.

Si osserva, infine, che in entrambi i casi indicati ai precedenti punti 2.3. e 2.4., le modalità da seguire per la demolizione sono indicate dall’art. 28 che prevede la possibilità per il Comune di eseguirla direttamente ovvero per mezzo di imprese tecnicamente e finanziariamente idonee, da scegliere tramite procedura di evidenza pubblica (v. co. 2).

E’ prevista inoltre la possibilità per il Comune, che sia impossibilitato a procedere nei modi suindicati, di chiedere l’intervento della Prefettura (oggi, Ufficio Territoriale del Governo) che vi provvede direttamente o per il tramite di un’impresa idonea (v. co. 3).

Resta ferma l’applicazione, per le aree vincolate dal punto di vista paesaggistico, di quanto previsto dall’art. 167 co. 3 D.lgs. n. 42/04 (recante il “Codice dei beni culturali e del paesaggio”) che prevede il coinvolgimento dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo ed, in via sostitutiva, l’intervento del Direttore regionale competente.

Il potere sostitutivo regionale

L’art. 31 co. 1 indica in modo dettagliato tutte le ipotesi in cui la Regione, in caso di inerzia da parte del Comune interessato, è tenuta ad intervenire, esercitando il potere sostitutivo: mancata verifica della regolarità delle opere, mancata adozione di provvedimenti di sospensione e/o demolizione, mancata applicazione di sanzioni pecuniarie, etc. …

Il relativo procedimento è contenuto nel successivo co. 2.

La norma prevede anzitutto che la Regione diffidi il Comune interessato a provvedere ovvero ad indicare le ragioni del ritardo entro un congruo termine, decorso inutilmente il quale, gli atti vanno trasmessi alla Giunta Regionale “che delibera del potere sostitutivo attraverso un commissario ad acta” (v. art. 32), il quale dovrà, a sua volta, essere nominato con decreto del Presidente della Regione.

Tale potere è attivabile d’ufficio o su istanza dell’interessato.

La norma in esame, che introduce una disciplina parzialmente diversa da quella prevista a livello statale (v. art. 40 T.U. Edilizia), pur perseguendo l’apprezzabile obiettivo di dare maggiore concretezza all’esercizio del potere sostitutivo regionale, anche al fine di assicurare una tutela più efficace del territorio, finisce per vanificare in parte il raggiungimento di tali scopi sia per l’eccessivo aggravio della procedura prevista (diffida, trasmissione degli atti alla Giunta e successiva delibera della stessa, decreto presidenziale di nomina di un Commissario, successivo esercizio dei poteri da parte di quest’ultimo), sia perché non indica un termine massimo entro il quale il Comune rimasto inerte è tenuto a rispondere, rimettendo così la sua determinazione alla diligenza dell’organo regionale.

Nessuna indicazione peraltro è prevista sulle modalità per l’invio della diffida al Comune.

L’art. 34, infine, ribadisce il potere della Regione di annullare delibere e provvedimenti comunali inerenti interventi edilizi non conformi alla normativa entro i termini e con le modalità già previste dalla disciplina statale (v. art. 39 T.U. Edilizia) che peraltro appare sul punto più chiara.

(“il Corriere de iure publico” n. 11/12 – novembre, dicembre 2008)

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