La destinazione d’uso degli immobili dopo le modifiche del cd. Sblocca Italia

L’art. 17 d.l. n. 133/2014 (conv. in l. n. 164/2014), cd. Sblocca Italia, al dichiarato scopo di favorire, attraverso la semplificazione delle procedure, la ripresa del settore edilizio, gravemente colpito dalla crisi economica degli ultimi anni, quale “strumento di rilancio dell’economia di innegabile valenza[1], ha introdotto importanti modifiche al D.l.g.s. n. 380/2001, cd. Testo Unico Edilizio.

In particolare, il comma 1 lett. “n” ha inserito il nuovo art. 23 ter intitolato “Mutamento d’uso urbanisticamente rilevante”.

La disposizione è composta da tre commi, che è utile analizzare separatamente.

Con il primo comma, il Legislatore ha voluto realizzare due obiettivi:

  • definire le “categorie funzionali” urbanisticamente rilevanti;
  • identificare i mutamenti d’uso urbanisticamente rilevanti.

Una lettura logico-sistematica della disposizione in esame implica la necessità di invertire le due parti dalle quali la stessa è composta.

In primo luogo, con la seconda parte, si definiscono ed al contempo si semplificano le “categorie funzionali”, urbanisticamente rilevanti che vengono così individuate:

a) Residenziale;

a.bis) Turistico-Ricettiva (introdotta dalla Camera in sede di conversione in legge del decreto)[2];

b) Produttiva e Direzionale;

c) Commerciale;

d) Rurale.

Come di recente rilevato dal Consiglio di Stato[3], è “evidente che tutto il sistema ruoti intorno al concetto chiave di «categoria funzionale», quale elemento che determina la rilevanza dei mutamenti di destinazione d’uso”, ossia un concetto la cui determinazione era finora rimesso alla sola legislazione regionale (v. art. 10 T.U. Ed.).

Il recente intervento normativo, evidenzia quindi una maggiore attenzione del Legislatore nazionale al tema, “anche per i suoi evidenti risvolti sulla tutela della proprietà, materia certamente rientrante nella disciplina dell’ordinamento civile, di competenza statale” (id.)

La disposizione consente pertanto di far chiarezza, a livello statale, in un settore rimesso addirittura alla discrezionalità comunale, in mancanza di specifiche indicazioni regionali, individuando macro aree all’interno delle quali far confluire le varie destinazioni ipotizzabili.

Il comma in esame, però, non brilla di certo per chiarezza perché il suo incipit recita: “Salva diversa previsione da parte delle leggi regionali”.

Ne deriva che un’interpretazione letterale della disposizione dovrebbe comportarne il carattere meramente sussidiario e la sua conseguente applicabilità solo in caso di mancanza di specifiche nonché preesistenti disposizioni regionali.

In secondo luogo (con la prima parte), “si vuole identificare le situazioni di variazione di utilizzo che determinano un cambiamento urbanistico rilevante. Tale cambiamento consiste in un nuovo utilizzo che determini un cambio di categoria, per la singola unità o per l’intero immobile, tra quelle individuate dall’elenco contenuto nell’articolato. Inoltre, si prevede che una variazione d’uso all’interno della stessa categoria sia sempre consentita” [4].

In tale prospettiva, recependo un più che consolidato orientamento giurisprudenziale in materia (fra le tante, di recente, v. Consiglio di Stato, V, 30.6.2014 n. 3279; id., VI, 22.4.2014 n. 2021; id., V, 30.8.2013 n. 4326), la disposizione in esame chiarisce che: “costituisce mutamento rilevante della destinazione d’uso ogni forma di utilizzo dell’immobile o della singola unità immobiliare diversa, da quella originaria, ancorché non accompagnata dall’esecuzione di opere edilizie, purché tale da comportare l’assegnazione dell’immobile o dell’unità immobiliare considerati ad una diversa categoria funzionale”.

La ratio della disposizione è chiara, per pacifica giurisprudenza, infatti il mutamento d’uso rilevante è quello che comporta il passaggio tra due categorie funzionalmente autonome dal punto di vista urbanistico, poiché normalmente lo stesso si associa ad un maggior carico urbanistico (inteso in termini di incidenza sui “servizi” di zona) ed alla conseguente necessità di ricalcolare gli oneri concessori dovuti.

In tale prospettiva è pertanto irrilevante la presenza di opere edili ovvero la loro entità ove risulti comunque verificatasi una variazione essenziale del manufatto con passaggio da una categoria urbanistica ad altra funzionalmente autonoma (es. da residenziale a commerciale) posto che i costi sociali delle opere di urbanizzazione non possono che gravare su quanti beneficiano delle utilità derivanti dalla presenza delle opere medesime (sul punto, v. Cons. Stato n. 4326/13 cit.).

Con il secondo comma, invece, l’intervento legislativo ha inteso fornire agli operatori un criterio atto a superare la controversa questione relativa all’identificazione della destinazione d’uso da attribuire ad un fabbricato o ad un’unità immobiliare in caso di coesistenza di una pluralità di destinazioni (cd. “destinazione mista”), stabilendo che: “La destinazione d’uso di un fabbricato o di unità immobiliare è quella prevalente in termini di superficie utile”.

Il meccanismo previsto è, quindi, quello della prevalenza in termini di superficie utile[5], ossia in presenza di una “destinazione mista” nell’ambito di uno stesso fabbricato o di una unità immobiliare, “la destinazione d’uso viene identificata in relazione ai metri quadrati prevalenti di superficie utile destinati allo specifico uso[6].

Anche il “criterio della prevalenza” introdotto dal secondo comma dell’art. 23 ter risponde chiaramente alle esigenze di semplificazione che hanno ispirato l’intervento legislativo in esame, consentendo, di conseguenza, di incentivare gli interventi di trasformazione e riqualificazione del patrimonio edilizio esistente.

Con il terzo comma, infine, il Legislatore ha voluto salvaguardare la potestà legislativa concorrente regionale in materia di governo del territorio[7] prevedendo la possibilità per le Regioni di adeguare “la propria legislazione ai princìpi di cui al presente articolo entro novanta giorni dalla data della sua entrata in vigore” (12.11.2014 e, quindi, entro il 10.2.2015).

In mancanza, trovano applicazione diretta le disposizioni statali in esame.

Infine, salva diversa revisione da parte delle leggi regionali e degli strumenti urbanistici comunali, “il mutamento della destinazione d’uso all’interno della stessa categoria funzionale è sempre consentito”.

Si segnala che solo le Regioni Liguria, Toscana e Umbria hanno provveduto nei termini assegnati; nelle altre Regioni pertanto trovano applicazione diretta le disposizioni esaminate, fatto salvo – per il comma 1 – quanto chiarito in merito all’eventuale preesistenza di specifiche disposizioni in materia.

(Aprile 2016)

Tutti i diritti riservati. Riproduzione vietata.

 

[1] V. Relazione illustrativa presentata alla Camera dei Deputati il 12.9.2014 (Atti Parlamentari – Camera dei Deputati n. 2629), pagg. 17 e ss..

[2] Nel testo originario la categoria era accorpata con quella residenziale.

[3] V. Cons. Stato, V, 19.3.2015 n. 1444.

[4] V. nota 1, pag. 20.

[5] Per identificare la superficie utile, occorrerà far riferimento alla specifica normativa tecnica comunale (N.T.A. degli strumenti urbanistici).

[6] V. nota 4.

[7] Prevista dall’art. 117 co. 2 Cost..

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