Ai sensi dell’art. 35 co. 14 l. n. 47/85, “decorsi centoventi giorni dalla presentazione della domanda e, comunque, dopo il versamento della seconda rata dell’oblazione, il presentatore dell’istanza di concessione o autorizzazione in sanatoria può completare sotto la propria responsabilità le opere di cui all’art. 31 non comprese tra quelle indicate dall’art. 33 (ndr. opere realizzate su immobili assoggettati a vincolo di inedificablità). A tal fine l’interessato notifica al comune il proprio intendimento, allegando perizia giurata ovvero documentazione avente data certa in ordine allo stato dei lavori abusivi, ed inizia i lavori non prima di trenta giorni dalla data della notificazione”.
In proposito la giurisprudenza ha rilevato che, in presenza di “un manufatto edilizio per il quale penda il condono edilizio, la legge vieta all’interessato, nelle more del procedimento di sanatoria, di operare trasformazioni edilizie ulteriori”; ove si intenda intervenire sull’opera pertanto occorre seguire la speciale procedura prevista dall’art. 35 co. 14 cit. (T.A.R. Lazio – Latina, I, 8.1.2015 n. 4). Quanto sopra resta comunque fermo anche se le ulteriori opere da eseguire siano “interne o di non grande entità” (Cons. Stato, IV, 6.12.2013 n. 5821; nello stesso senso, v. T.A.R. Lazio, I Q, 14.9.2012 n. 7799).
Cons. Stato, VI, 14.8.2015 n. 3943 ha, però, precisato che il Legislatore, con la predetta disposizione, “ha autorizzato esclusivamente, quando sussistono i presupposti da essa indicati, la realizzazione di lavori di completamento sulle opere abusive con assunzione del rischio da parte di chi li effettua (ndr di dover demolire anche le migliorie apportate), nel caso di rigetto della domanda di condono. La disposizione riportata non si occupa della diversa fattispecie in cui il soggetto che ha presentato la domanda di condono abbia realizzato interventi non già di rifinitura ma nuovi e diversi rispetto a quelli oggetto della richiesta di sanatoria”.
Le caratteristiche essenziali dei lavori di completamento in esame consistono, pertanto, “nella loro assoluta necessità ai fini della utilizzabilità concreta del manufatto oggetto di condono e nella irrilevanza o comunque, marginalità delle stesse, nel senso che le medesime non devono essere tali da aggiungere un quid novi alla consistenza ed alla conformazione strutturale dell’edificio come oggettivamente identificabile al momento dell’ultimazione; non possono quindi essere considerate opere di completamento quelle che attribuiscono una diversa caratterizzazione strutturale e tipologica al manufatto già realizzato. Nel rispetto dei suddetti criteri, appare pacifico che la finalità della norma sia quella di consentire la realizzazione di quegli interventi necessari a garantire la concreta utilizzabilità del manufatto rimasto incompiuto” (T.A.R. Abruzzo – L’Aquila, I, 17.9.2014 n. 670).
In presenza di tali caratteristiche, inoltre, il completamento può avvenire “solo a seguito della decorrenza del termine di trenta giorni dalla notifica al Comune del relativo intendimento, con allegazione di perizia giurata ovvero di documentazione avente data certa in ordine allo stato dei lavori abusivi ” (T.A.R. Lazio – Latina, I, 20.3.2015 n. 260).
T.A.R. Lazio – Latina, I, 11.11.2014 n. 944 ha, infine, precisato che la disposizione in esame è “ancora applicabile per effetto dei rinvii operati dalla successiva legislazione condonistica”.
(Marzo 2017)
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