Cointestazione del diritto di usufrutto e decesso di uno dei due titolari

Capita spesso che due persone risultino co-titolari di un diritto di usufrutto sullo stesso immobile (il caso classico è quello dei genitori usufruttuari del bene intestato al figlio). Cosa accade in caso di decesso di uno dei due? L’altro resta titolare del diritto di usufrutto pro-quota (½) o il suo diritto si estende all’intero immobile?

Si ritiene utile riassumere brevemente quanto segue.

Il diritto di usufrutto, diritto reale di godimento su cosa altrui (in re aliena), attribuisce al relativo titolare la possibilità di godere del bene che ne costituisce l’oggetto e di trarne ogni utilità che ne possa derivare, entro i limiti stabiliti dalla legge e senza modificarne la destinazione economica (v. art. 981 c.c.).

In particolare, l’usufruttuario ha diritto di ottenere il possesso del bene (art. 982 c.c.), ovvero di acquisirne la disponibilità materiale e, quindi, di farne uso.

Spetta altresì all’usufruttuario il diritto di percepire i frutti del bene (art. 984 c.c), ossia le utilità che ne possano derivare in modo diretto o in conseguenza del suo impiego senza comprometterne l’essenza o la destinazione[1]. La relativa nozione comprende sia i frutti naturali che quelli civili (es. canone di locazione).

Il titolare del diritto in esame può, inoltre, eseguire sul bene addizioni che non ne alterino la destinazione economica (v. art. 986 c.c.).

Per addizioni si intendono “le opere, che pur incorporandosi con la cosa principale e determinandone un aumento della produttività o del valore, non si fondono con essa, ma conservano una propria distinta entità, risolvendosi in un incremento di carattere quantitativo[2]. A titolo esemplificativo, “le costruzioni, le sopraelevazioni, le piantagioni, gli impianti di irrigazione, le linee elettriche” e, fra i beni mobili, “le cose mobili poste per ornamento o per accrescere l’utilità della cosa”, quali specchi, statue, termosifoni, etc. …[3]

Fra gli obblighi dell’usufruttuario, quello di restituire il bene al termine dell’usufrutto (art. 1001 c.c.), di predisporre un inventario e di fornire garanzia nei casi in cui siano richiesti tali adempimenti (art. 1002 c.c.), di sostenere le spese relative all’amministrazione e manutenzione ordinaria del bene (nonché quelle di manutenzione straordinaria che siano conseguenza del mancato rispetto dell’obbligo di provvedere alla manutenzione ordinaria; art. 1004 c.c.).

Spetta altresì all’usufruttuario il pagamento delle imposte e degli ulteriori oneri che possano riconnettersi al godimento del bene (imposta sul reddito, imposta di registro, imposta fondiaria o quella sui fabbricati, ivi compresa seconda la costante prassi l’IMU, ove dovuta; art. 1008 c.c.); gravano, invece, sul nudo proprietario gli oneri riferibili al “bene capitale” (es. le imposte sul patrimonio, i contributi di miglioria genericamente intesi, gli oneri relativi ai rapporti di vicinato, come la costruzione di muri di cinta, taglio di siepi, etc. ..; art. 1009 c.c.)[4].

Il diritto di usufrutto si costituisce (art. 978 c.c.):

– per legge (ad es. in favore dei genitori sui beni del figlio minore; v. art.  324 c.c.);

– per volontà degli interessati (es. contratto, legato);

– per usucapione (decorsi 20 anni di possesso continuato; art. 1158 c.c.).

Sotto il profilo della durata, il diritto in esame non può “eccedere la vita” del suo beneficiario (art. 979 c.c.).

Infine, il diritto di usufrutto si estingue per:

– mancato uso protratto per 20 anni (prescrizione);

– riunione dell’usufrutto e della proprietà nella stessa persona (consolidazione);

– perimento del bene (art. 1014 c.c.).

Passando ad esaminare la questione oggetto del presente articolo, la stessa si inserisce nella più ampia ipotesi di estinzione del diritto di usufrutto per consolidazione.

E’ evidente, infatti, che il decesso del titolare del diritto di usufrutto ne determina l’estinzione in favore del nudo proprietario il cui diritto si consolida (usufrutto+nuda proprietà= piena proprietà).

Un’eccezione a tale ipotesi è, però, costituita dal caso in cui in favore dei due (o più) co-titolari del diritto di usufrutto operi il diritto di accrescimento con conseguente estinzione del diritto di usufrutto solo alla morte dell’ultimo dei beneficiari (cd. usufrutto congiuntivo).

Il diritto di accrescimento, infatti, determina l’attribuzione al co-titolare superstite della quota di diritto in precedenza spettante all’altro titolare defunto, evitando che la stessa vada a consolidarsi con la proprietà (comportando di conseguenza l’estinzione, pro-quota, del diritto di usufrutto).

Così se titolari del diritto sono, ad esempio, due coniugi (1/2 e 1/2), alla morte di uno dei due:

ove sia previsto l’accrescimento, la sua quota del diritto di usufrutto (1/2) si “aggiunge” a quella dell’altro coniuge che diverrà di conseguenza titolare del 100% del diritto;

nel caso contrario, invece, la sua quota si estingue per consolidazione per cui l’altro coniuge resterà titolare di una quota di usufrutto pari ad 1/2 del bene, mentre il proprietario riacquisterà il diritto pieno della restante quota, risultando quindi titolare della piena proprietà sul 50% del bene e della nuda proprietà sul restante 50%.

Ove il diritto di accrescimento sia espressamente previsto nell’atto attributivo del diritto (ad es. contratto di compravendita), non si pone naturalmente alcun problema; il dubbio può sorgere però ove vengano utilizzate espressioni generiche che, ad esempio, attribuiscano ai co-beneficiari il diritto di usufrutto “vita natural durante”.

In questi casi, infatti, è ipotizzabile una volontà implicita delle parti di attribuire un diritto di accrescimento in favore del titolare superstite?

La giurisprudenza in proposito, nel ribadire che “il diritto di usufrutto concesso a più soggetti si estingue, per ciascuna quota, alla morte del titolare di questa” (v. Cass., II, 4.5.2016 n. 8911), riconosce espressamente la possibilità di una deroga nel caso di “usufrutto congiuntivo (il quale opera nel senso del reciproco diritto di accrescimento in favore dell’uno degli usufruttuari alla morte dell’altro)”,  precisando altresì che “anche l’atto “inter vivos” a titolo oneroso (ndr il contratto), oltre che il legato, può costituire la fonte del diritto di accrescimento tra cousufruttuari, ove siffatto diritto sia previsto in modo inequivoco (pur se implicitamente) dalla concorde volontà delle parti risultante dall’atto costitutivo” (Cass., II, 17.11.2011 n. 24108; nello stesso senso, fra le altre, C.A. Catania, II, 4.7.2014; C.A. Firenze, II, 10.2.2009).

Alla luce di quanto sopra, per accertare l’esistenza di uno stretto legame fra le quote di usufrutto, tanto da poter riconoscere un diritto potenzialmente pieno a favore di ogni beneficiario e, di conseguenza, la sua sopravvivenza per intero in favore del titolare superstite, occorre valutare caso per caso quale sia stata la volontà espressa (anche implicitamente) dalle parti.

(Febbraio 2017)

Tutti i diritti riservati. Riproduzione vietata. 

[1] Nello stesso senso, Natoli, “Il Possesso”, Milano, 1992, pag. 182

[2] Giovanna Marzo, “Commentario del Diritto Civile” diretto da Enrico Gabrielli – “Della Proprietà” a cura di A. Jannarelli e F. Macario, artt. 869-1099, Utet Giuridica, Milano, 2012, pag. 595.

[3] Id.

[4] Sul riparto, Id., pagg. 670-672.

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