La sentenza in esame (T.A.R. Liguria, Sez. I, 11.6.2015 n. 561), seppur risalente allo scorso mese di giugno, appare di particolare interesse per la specificità della questione affrontata:
la legittimità della condizione sospensiva apposta da un Comune ad un permesso di costruire consistente nella necessità del preventivo accordo fra il costruttore ed i vicini (che avevano contestato la fattibilità delle opere sotto il profilo strutturale).
E’ utile partire da alcune premesse in fatto.
Nel corso del 2011, una Società richiede un permesso di costruire per la realizzazione di un ampliamento volumetrico (di un edificio esistente) e di una autorimessa interrata.
Alcuni proprietari di unità all’interno di stabili circostanti, per timore di crolli o cedimenti, si oppongono alla realizzazione dell’intervento e, per tale ragione, inviano esposti al Comune.
L’Amministrazione, dopo aver apportato – a seguito di ulteriori approfondimenti istruttori in materia geologica e paesaggistica – modifiche riduttive al progetto presentato, condiziona la possibilità per il costruttore di dare inizio ai lavori al raggiungimento di un accordo con i vicini (“relazione congiunta” a firma dei due “strutturisti”, della Società e dei vicini ovvero relazione del primo con visto del secondo ovvero “altra forma” dalla quale risulti comunque “l’accordo fra le parti”) relativo anche alla successiva fase esecutiva.
Addirittura, il Comune arriva a prevedere, a carico delle “parti” l’onere di deferire ad un arbitro i vari aspetti controversi in caso di mancato raggiungimento di un accordo.
La Società, pur tentando di accordarsi con i vicini, impugna dinanzi al competente Tribunale Amministrativo, cd. T.A.R., il permesso di costruire ottenuto nella parte relativa alla predetta condizione per evitare di renderlo incontestabile[1].
Nel merito, il T.A.R. adito ha accolto il ricorso avendo ritenuto sussistenti i numerosi profili di illegittimità delineati nell’unico motivo di gravame.
In particolare, la menzionata prescrizione inserita dal Comune nel permesso di costruire è stata ritenuta illegittima per violazione di legge (nella specie, artt. 11 e 12[2], d.gs. n. 380/2001, cd. T.U. Edilizio, oltre specifiche disposizioni regionali).
Precisa il Giudice Amministrativo che il titolo edilizio in esame è atto vincolato che deve rispondere a precisi parametri normativi (primi fra tutti, la legittimità del richiedente e la conformità alla pianificazione vigente) con la conseguenza che, seppur ammessa in astratto la possibilità per il Comune di condizionarne il rilascio a particolari clausole al fine di adattarne il contenuto al caso concreto, nella fattispecie, l’esercizio del predetto potere da parte dell’Amministrazione ha di fatto attribuito ai vicini un inammissibile potere di inibire lo svolgimento dell’attività costruttiva (v. sentenza, pag. 5).
Peraltro, la citata prescrizione – chiaramente funzionale a prevenire potenziali controversie fra il costruttore ed i proprietari degli edifici limitrofi – determina “un’obiettiva divergenza dell’atto (ndr, p.d.c.) rispetto alla sua funzione istituzionale, non identificabile con la tutela preventiva di interessi privati (tanto è vero che esso viene normalmente rilasciato con la formula «salvi i diritti dei terzi»), ma con la verifica della conformità dell’intervento alla normativa urbanistica ed edilizia” (id., pag. 6).
La sentenza in esame, di cui sono particolarmente apprezzabili la chiarezza espositiva e la logica argomentativa, pone l’attenzione su un duplice problema sempre più evidente in alcuni Uffici tecnici comunali: da un lato, una certa tendenza dei Dirigenti prepositi al rilascio dei titoli a spogliarsi di ogni responsabilità al riguardo; dall’altro, l’inammissibile propensione a confondere l’interesse pubblico (da tutelare nel rilascio del titolo) con quello dei vicini o di quant’altri possano contestarne la legittimità con la conseguenza che – trovato l’accordo fra le parti – le esigenze della collettività rischiano di passare in secondo piano.
[1] Il ricorso al T.A.R. per ottenere l’annullamento di un provvedimento amministrativo, per violazione di legge, incompetenza ed eccesso di potere, va proposto entro il termine decadenziale di 60 gg. (v. art. 29 D.lgs. n. 104/2010, cd. Codice del Processo amministrativo, C.P.A.), decorrenti dalla relativa notificazione, comunicazione o comunque piena conoscenza (v. art. 41 co. 1 C.P.A.).
[2] L’art. 11 cit. disciplina le caratteristiche del permesso di costruire ed il successivo art. 12 i suoi presupposti.
(Febbraio 2016)
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